RomaLa differenza cè. Uno parla, dice, a volte più di quel che pensa. Laltro pensa ma non dice o dice poco, non chiarisce e si fraintende.
Luno, Silvio Berlusconi, si sa quanto poco ami la magistratura. I giornali ci vanno a nozze: «I giudici, un cancro da estirpare», lultima esternazione. Ieri precisata dal premier: «Il cancro non sono i giudici, ma i pm milanesi. Anzi, ho sottolineato che le accuse che mi vengono rivolte dai pm non hanno poi trovato rispondenza nelle decisioni dei giudici». Laltro, Massimo DAlema, preferisce far buon viso a cattivo gioco. Però, quando è lontano dai microfoni, si sfoga. Lultima volta fu clamorosa, anche perché le orecchie cui sera rivolto non erano quelle di amici fidati, bensì dellambasciatore Usa.
La storia fu pubblicata nel dicembre scorso dal sito Wikileaks, quindi ripresa dal quotidiano spagnolo El Pais. Ronald Spogli, ambasciatore americano a Roma, così riferiva: «Sebbene la magistratura italiana sia tradizionalmente considerata orientata a sinistra, lex premier ed ex ministro degli Esteri, Massimo DAlema, ha detto lo scorso anno (2007, ndr) allambasciatore (Usa, ndr) che la magistratura è la più grande minaccia allo Stato italiano...». Berlusconi quasi si risentì, aveva un precursore e faceva la figura del copione.
Ma veemente (si fa per dire) giunse la precisazione del Nostro, campione di diplomazia. «Viene riportato un giudizio abnorme sulla magistratura - fece sapere DAlema - che non ho mai pronunciato, che non corrisponde al mio pensiero e che evidentemente allepoca è stato frutto di un fraintendimento tra lambasciatore Spogli e me. Il fraintendimento potrebbe essere questo: la minaccia non è esattamente per lo Stato italiano». Rimase il dubbio: per chi? Per il governo dellepoca? Per i singoli? Per se stesso? DAlema non aggiunse altro, circostanza che non mancò di gettare una luce inquietante sulla capacità dattenzione dellambasciatore Usa, incapace di capire concetti così ovvi per lex titolare della Farnesina.
Eppure nella biografia dalemiana non mancano tracce. «Nel 93, in piena Tangentopoli - scrisse Marco Travaglio, mai smentito - DAlema definiva il Pool: il soviet di Milano». In una cena tenuta pochi anni dopo, nel 96, confidò poi a Paolo Flores dArcais (giusto a lui, che lo raccontò al Corsera nel 2000), che «tutta Mani Pulite è stata fin dallinizio un complotto contro il Pds; Borrelli, DAmbrosio e Colombo si sono fatti subornare e strumentalizzare da quei reazionari di Davigo e Di Pietro». Fraintende chi ritenga che si tratti dello stesso Di Pietro che, in quanto sterno della sinistra, fu candidato da DAlema al Mugello nelle suppletive del 98. Da presidente della Bicamerale, la sua idea complessiva sulla magistratura sembrò chiaramente espressa nella «bozza Boato», e fraintese chi lo accusò di recepire in pieno il piano della P2. Nel giugno 2007, quando la Procura di Milano trasmise alla Camera gli atti con le intercettazione di Consorte che parlava con lui, Fassino e Latorre della scalata illegale di Unipol a Bnl, il pensiero di DAlema sui magistrati inquirenti fu espresso in varie interviste. Concetti delicati, del tipo: «Che monnezza... che imbarbarimento... È uno schifo, la magistratura sè comportata in modo inaccettabile, forse labbiamo difesa troppo...
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