Sul lettino con Corinne Maier «Liberiamo i nostri desideri»

Freud, diceva Jacques Lacan, ha lasciato la psicoanalisi «nelle mani delle donne e forse anche delle donnette». E donne e donnette, a partire da Anna Freud, hanno fatto del loro meglio per non deluderlo. Una di queste è la psicoanalista svizzera Corinne Maier, dagli illustri precedenti in libreria: il milione di copie in ventinove lingue del suo Buongiorno pigrizia ha fatto passare la sbornia a più di un workaholic e, in quanto inno al redditizio far niente in ufficio, ha dato una bella scossa all’azienda elettrica francese per cui la Maier lavora part-time da dodici anni, l’Edf.
In questi giorni, proprio mentre in Francia esce il suo Intello Academy, manualetto per diventare un «vero intellettuale francese» e fare le scarpe step by step a Bernard Henry Lévy o Philippe Sollers, arriva in Italia Buongiorno lettino (Bompiani), che come indica il sottotitolo generalista, Come sopravvivere all’analisi ridendo, è in parte un manuale di aggiornamento analitico (comprensivo di incursioni divulgative in film e canzonette), in parte, la migliore, un faro nella nebbia delle teorie del fuorilegge della psicoanalisi Jacques Lacan, scomparso venticinque anni fa dopo aver rielaborato, in modo eclettico e in parte incomprensibile, l’insegnamento freudiano ed aver coniato sentenze come «I rapporti sessuali non esistono» o «Il reale è l’impossibile».
Il pulpito da cui predica la Maier è ben fondato: Buongiorno lettino, scritto nel 2002, e quindi esente dal complesso del bestseller, è solo uno dei suoi accattivanti saggi psicoanalitici, nei quali si è occupata ad esempio del gaullismo alla luce di Lacan, del concetto di osceno, di Casanova e del desiderio e la stessa Maier, classe 1963, è in analisi da dieci anni. Impossibile perciò resistere alla tentazione di stenderla sul lettino e approfittare del suo amore per l’analisi e del suo caustico disincanto verso gli analisti.
Si metta comoda e proceda pure per libere associazioni. Iniziamo da una parola a lei ben nota: psicoanalisi.
«Freud. Vienna. Cento anni fa. Pratica un po’ bizzarra che serve a soffrire meno e a rendere la vita degli individui che lo desiderino più interessante».
Ma se non esistesse il denaro, esisterebbe la psicoanalisi?
«No. Ma se non esistesse il denaro, esisterebbe l’arte? Lacan variava le tariffe in base alle possibilità di ciascuno. Faccio così anch’io. Il denaro non deve essere un ostacolo».
A proposito dell’analisi, Mishima diceva: «Non capisco come si possa sperare di ritrovare dei simboli universali affondando le mani in quell’immondizia che è il cuore umano».
«Con l’analisi non si ritrovano simboli universali, ma la singolarità di ciascuno. E poi, quello che Mishima chiama cuore umano non è immondizia, ma logica».
Se la pigrizia è l’antidoto al lavoro demotivante, l’analisi che cosa combatte?
«Anche l’analisi può essere un antidoto all’assurdità di certi impieghi senza interesse, dove ci si accontenta di fingere di lavorare. Lo scopo dell’analisi è appunto spingere le persone a fare ciò che più interessa loro. Se tutti andassero in analisi, nessuno lavorerebbe più, scommettiamo?».
Nessuno, tranne gli analisti. E lei, si sente guarita?
«Sono guarita nel senso che passo la mia vita a fare ciò che desidero e in cui credo. Ciononostante non ho perso il mio pessimo carattere».
Lo psicoanalista è un fuorilegge?
«No, perché non può fare realmente tutto ciò che gli pare. Si muove dentro una scuola di pensiero e di solito appartiene a un gruppo di analisti. Sì, perché quel che fa ha come obiettivo liberare il desiderio e il desiderio è sempre fuorilegge, oltre, in eccesso».
Che cosa pensa di Lacan come uomo?
«Un eccentrico e un genio, psicoanalista e insieme pensatore, lavoratore infaticabile e... grande amatore, di donne splendide».
Qual è il rapporto tra De Gaulle e Lacan?
«Due grandi uomini, che hanno agito in campi diversi e che tuttavia si assomigliano. Hanno litigato con il mondo intero. Hanno rifiutato una certa concezione, l’uno della politica, l’altro della psicoanalisi. Hanno fondato istituzioni proprie. Insomma, erano entrambi eccezioni. E le eccezioni sono sempre molto interessanti».
La psicoanalisi è viva o morta?
«Diciamo che è una vecchia signora. Andrebbe reinventata, ma mi sembra difficile. Si può solo cercare di ringiovanirla un po’. Tuttavia, il lavoro sull’inconscio continua. Ed è la psicoanalisi ad aver nutrito il pensiero di filosofi e scrittori come Alain Badiou, Jean Starobinski, Slavoj Zizek...».
Se Lacan fosse qui, riconoscerebbe l’analisi come la si pratica oggi?
«Non si farebbe illusioni. Capirebbe che la psicoanalisi è minacciata sia dal conformismo delle istituzioni psicoanalitiche sia dalla società in cui viviamo, irretita da efficacia e rendimento immediati. Riprenderebbe il lavoro là dove l’ha interrotto nel 1981 e cercherebbe di reinventare l’analisi. Di trovare nuovi percorsi di riflessione, corridoi verso altre discipline».
Freud o Jung?
«Freud».
Freud o Lacan?
«Entrambi».
Letto o lettino?
«Se devo proprio scegliere, allora scelgo il lettino.

Amo davvero gli uomini, specie quelli giovani e belli, ma non rimpiango un solo minuto trascorso sul lettino. Sono dieci anni che frequento il mio analista e adoro andarci. La psicoanalisi è stata la mia grande avventura».

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