Sul pianeta siamo troppi e troppo vecchi? È dal Seicento che ci spaventano così

Invecchiamento della popolazione. Aumento esponenziale degli abitanti del globo. Sono solo due degli argomenti, legati al numero è all’età degli umani che affollano il nostro pianetino, con cui studiosi e giornali si divertono a spargere timori catastrofisti sul destino della nostra specie o delle singole nazioni. Perché, se si parla di Paesi ancora adusi ai molti figli, la minaccia ventilata è un aumento incontrollato delle bocche da sfamare. E se si parla di nazioni occidentali i terrori vengono alimentati a partire da argomenti opposti: pochi neonati, perdita di forza lavoro, geriatrizzazione della società.
Date queste premesse Hervé Le Bras, direttore del laboratorio di demografia storica dell’École Des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, ha deciso di scrivere un saggettino polemico contro la sua stessa disciplina: Addio alle masse. Critica della ragion demografica (Elèuthera, pagg. 87, euro 9, traduzione di Guido Lagomarsino). Con prosa dotata di invidiabile sintesi, ricostruisce la storia di una scienza che nel suo «contare gli uomini» ha pretese di predittività. Le Bras, dimostra il contrario. Già dai tempi di William Petty, inventore dell’aritmetica politica, chi si mette ad applicare modelli per calcolare come aumentino o diminuiscano le genti lo fa, spesso, con dei preconcetti. E dal ’600 in poi quasi nessuno ci ha mai azzeccato (vedasi i disastri previsti da Malthus). Tanto per citare un caso clamoroso: i calcoli elaborati nel 1925 da Raymond Pearl, uno dei grandi padri della demografia americana, prevedevano per il 1980 una popolazione mondiale di 1 miliardo e 850 milioni: a quella data i viventi erano 4 miliardi 400 milioni.
Pearl non va biasimato. I suoi eredi di tutte le università hanno sbagliato i calcoli sul boom demografico degli anni ’60 e sul tasso di aumento della popolazione dei Paesi in via di sviluppo. Sembrano averci azzeccato pochissimo anche sul rapporto tra invecchiamento e fine dell’innovazione (la Svizzera ha un 16 per cento di abitanti sopra i 65 anni e primeggia nell’ambito delle novità scientifiche su Paesi molto più «giovani»).

Insomma, da professionista Le Bras ci dice che ogni calcolo che superi i cinque anni di previsione è carta straccia. Qualche collega masticherà amaro ma tutti noi, leggendo i paginoni dei giornali che preconizzano la data dell’apocalisse, ci sentiremo più tranquilli.

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