Sulle vette per catturare un orso col cannocchiale

Dal Parco degli Abruzzi all’Alaska: indirizzi utili per il «bear watching», l’arte di scovare e osservare come vivono i plantigradi nel loro habitat

Lorenzo Scandroglio

Ricordate l'orso Yoghi dei cartoni animati, quello con la risata profonda e un po' demenziale? Forse le ultime generazioni di bambini non si sono mai imbattuti nel più noto plantigrado del tubo catodico ma avranno pur stretto, nei sonni della loro infanzia, qualche orsacchiotto di peluche. Dove comincia, nella storia, la familiarità con il plantigrado e la simpatia nutrita nei suoi confronti da parte del genere umano, non lo sappiamo, ma è difficile non provare attrazione nei suoi confronti, e persino il desiderio di incontrarlo, una volta nella vita.
L'attrazione per l'orso può essere, anche se raramente, fatale. Ricordiamo il caso, citato nel bel libro della guida Lynn Schooler, del fotografo giapponese del National Geographic Mikio Hoshino che inseguiva una sorta di mito, quello dell'orso azzurro, rarissimo esemplare che si trova in alcune lande sperdute dell'Alaska; per realizzare il sogno di riuscire a fotografarlo aveva chiesto l'aiuto di Lynn, con il quale era nata una grande amicizia: insieme avevano effettuato appostamenti per anni finché, un giorno, un Grizzly, assalì la tenda nella quale si trovava il giapponese mettendo fine al suo sogno e alla sua vita. Come da copione già scritto dal destino beffardo, Lynn vide e fotografò l'orso azzurro poco tempo dopo. Quella foto, insieme al libro che ne nacque, fu dedicata all'amico Mikio. Caso opposto quello del giovane orso, ribattezzato «Bruno» di cui avrete sentito parlare alla fine del mese di giugno. Bruno, partito dal Trentino, aveva raggiungo la zona di confine tra Austria e Germania meridionale scatenando le ire di alcuni proprietari di animali uccisi. L'ira montante si era poi tradotta in battute di caccia nei suoi confronti che si sono concluse con il suo abbattimento.
In passato l'orso era del tutto scomparso dalle Alpi, che pure furono suo habitat, e il reinserimento si spiega con un progetto di questi ultimi anni (Life Ursus al Parco dell'Adamello-Brenta) volto a ripristinare, per quanto possibile, l'ecosistema tipico dello spazio alpino. Ora, è evidente che ogni essere vivente, uomo incluso, adotti svariate strategie per tutelare la propria incolumità. Ma un conto è la «legittima difesa» di fronte a un attacco, altro l'organizzazione pianificata di una battuta di caccia. In questo caso si pone una questione di carattere filosofico, il che non significa astratta. Perché il nostro rapporto, «nostro» dell'Occidente, con la natura si traduce, come in questo episodio, in fatti concreti. Non solo con gli animali, ovviamente. Nello specifico occorre notare che dietro all'esecuzione dell'orso si cela la pretesa che taluni esseri viventi snaturino sé stessi. Di cosa volete che si cibi un orso che non sia di pezza? Il che non significa, ovviamente, che non si debbano prevedere risarcimenti per i contadini danneggiati e forme di tutela per le greggi al pascolo.
Di fatto, il tentativo (votato comunque al fallimento) di esorcizzare la differenza che c'è fra noi e tutto ciò che noi non siamo (la natura, gli animali, le montagne) si traduce in veri e propri atti di intollerante omologazione ai nostri parametri umani. Succede anche quando accadono le tragedie in montagna e la montagna diventa assassina. Ora, il caso di un orso che assale un uomo è molto raro, e spiegabile con una ferita o la fame, ma tutte queste premesse sono necessarie per un avvicinamento consapevole e sicuro. Per osservare gli orsi ci si può rivolgere ad agenzie specializzate. In Italia chi visita le Dolomiti di Brenta troverà facilmente l'immagine dell'orso sui cartelli e sulle pubblicazioni del parco. A Spormaggiore (Trento), ai piedi del versante orientale del massiccio, un'area faunistica e un museo permettono di osservare da vicino l'animale. Più difficile vederlo dal vivo.
Specializzate in «Bear watching» (e non solo, ma anche di lupi e altre specie faunistiche) sono le guide di Ecotur che operano nel Parco Nazionale d'Abruzzo con sede a Pescasseroli (Aquila) - tel. 0863/912760, www.ecotur.org - e nelle aree verdi di Lazio e Molise.


All'estero sono straordinarie le possibilità offerte in Alaska, sulla costa artica, al Katmai National Park e al Denali National Park, dove si possono osservare gli orsi in tutte le varianti, dal bruno al nero. Fino all'orso azzurro, se avrete fortuna. www.alaska.com/activities/bears/story.
lorenzo.scandroglio@tin.it

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