Politica

Suor Leonella: «Perdono i miei assassini»

La testimonianza di una consorella: «Le sue ultime parole sono state di assoluzione per gli uomini che le avevano sparato»

Fausto Biloslavo

«Hanno sparato a Leonella, hanno sparato a Leonella», urlava un ragazzo corso ad avvisarci. «Ci siamo precipitate all’ospedale e l’abbiamo vista con le labbra livide, ma cosciente. Sul suo corpo ho contato sette fori di proiettile», racconta Suor Marzia Feurra, una sarda da 39 anni missionaria in Somalia, dove prestava la sua opera con la religiosa assassinata domenica a Mogadiscio. «Le sue ultime parole sono state perdono, perdono, perdono, ripetuto tre volte. Secondo me ­ spiega suor Marzia ­ erano rivolte a chi le ha sparato».
Il Giornale l’ha raggiunta telefonicamente a Nairobi: nella capitale del Kenya è stata evacuata per motivi di sicurezza assieme alle altre due missionarie italiane della Consolata, che lavoravano con suor Leonella Sgorbati. La vittima, a differenza delle altre suore che riposavano la domenica, era l’unica che si prendeva come giorno libero il venerdì, perché era la festa comandata dell’islam dei suoi amati allievi infermieri dell’ospedale messo in piedi nella capitale somala dall’ong Sos Villaggio dei bambini.
Domenica, dunque, lavorava e verso le 12,30, quando è stata uccisa, stava attraversando la strada per raggiungere le consorelle a pranzo nell’ala riservata a 400 bambini disagiati di Mogadiscio. Due guardie piantonavano l’uscita dell’ospedale, altre due l’ingresso della scuola e una, un giovane padre di famiglia, scortava la religiosa. A tre-quattro metri dalla suora, nascosti fra le automobili parcheggiate, sono sbucati due uomini armati che hanno riempito di piombo la religiosa e la guardia del corpo. Secondo Willy Huber, direttore dell’ospedale Sos, la religiosa «non ha avuto scampo, l’aspettavano. È stata quasi un’esecuzione».
Il racconto di suor Marzia è lucido e preciso: «Ho sentito gli spari. Ci sembrava strano perché da un po’ Mogadiscio era tranquilla, ma non ci siamo meravigliate più di tanto, in passato eravamo abituati a ben altri botti».
Dopo un paio di minuti un ragazzo arriva gridando che hanno sparato a suor Leonella e le missionarie corrono all’ospedale, dove la religiosa è già in sala operatoria. «L’abbiamo vista con le labbra livide, ma ancora cosciente. Si lamentava e diceva che non riusciva a respirare. Noi cercavamo di aiutarla, ma aveva sette fori nel corpo. Le dottoresse hanno portato subito delle sacche di sangue, ma tanto ne mettevano, tanto ne usciva», racconta suor Marzia che le è stata vicina fino all’ultimo. L’agonia è durata un’ora e mezzo, forse due. «In alcuni momenti era lucida, in altri no, ma ha capito che stava offrendo la vita a Dio e il suo volto ci è apparso sempre disteso. Siamo rimaste tutte colpite ­ spiega la consorella ­ quando, prima di spegnersi come una candelina, ha ripetuto tre volte perdono, perdono, perdono».
Sulla matrice islamica dell’attentato suor Marzia non si sbilancia e ci tiene a sottolineare che l’omicidio «è stato un fulmine a ciel sereno, non ce l’aspettavamo. Non c’erano state avvisaglie o minacce». Le missionarie non portavano al collo la croce per rispettare la comunità musulmana che le circondava, ma non si camuffavano ed erano sempre vestite da suore. «Quante vite si sono salvate con il nostro lavoro. Basti dire che in giugno - dice suor Marzia - abbiamo avuto 90 parti cesarei. Siamo missionarie, non siamo andate in Somalia per fare politica o carriera, ma per aiutare i bisognosi».
I funerali della missionaria si terranno giovedì alle 10 nella chiesa della Consolata a Nairobi. La cerimonia sarà officiata da monsignor Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio. La salma verrà sepolta il giorno stesso nel cimitero della Consolata alla periferia di Nairobi. Proprio monsignor Bertin ha dichiarato ieri che «forse le strumentalizzazioni del discorso del Papa hanno contribuito alla goccia in più che ha fatto traboccare il bicchiere. Sabato a Mogadiscio c’era stata una manifestazione di protesta, nella quale gli organizzatori avevano invitato a vendicarsi».

Secondo il vescovo, «già da tempo c’è chi semina odio contro ciò che è occidentale o si presenta come cristiano».

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