È inutile girarci troppo attorno: ad unesordiente ultraquarantenne che nellera di Harry Potter mette in cantiere un best seller annunciato, e realizzato, di ottocento pagine che parla di maghi ed è ambientato in Inghilterra, viene subito da chiedere che cosa le sia saltato in mente e che ne pensi della sua presunta rivale J.K. Rowling, seconda donna più ricca del Regno Unito grazie alla Scuola di Maghi di Hogwarts.
Lesordiente è Susanna Clarke, inglese delle Midlands, nata a Nottingham, vive a Cambridge, autrice di Jonathan Strange & il signor Norrell (Longanesi, lo stesso gruppo editoriale di Harry Potter in Italia, pagg. 887, euro 22, in libreria da pochi giorni), storia di due maghi, il misantropo e dottissimo Norrell e il suo giovane apprendista, laffascinante Strange, ambientata tra il 1806 e il 1817, sotto il regno dellormai folle Giorgio III. Wellington reclama le loro arti magiche per difendere il Paese dalle armate napoleoniche, il che offre alla Clarke il pretesto per ficcanti ricostruzioni di vita militare, e nel frattempo i due fanno parlare statue, resuscitano una lady e giocano con gli specchi, oltre che con il corso delle cose, tra Londra e i sobborghi, Venezia e la Spagna.
In Italia per promuovere il volume, che in un anno tra Inghilterra e Usa ha già superato di molto il milione di copie vendute e, dopo Bloomsbury (lo stesso editore di J.K. Rowling), è già stato acquistato da 33 editori in tutto il mondo, la Clarke, che somiglia in modo inquietante a Kathy Bates, ex editor di libri di cucina per Simon and Schuster e moglie dello scrittore di fantascienza Colin Greenland, forte di un successo dovuto a dieci anni di duro lavoro per concludere la storia, ha pronta unottima risposta sulla Rowling, cui invece lidea di Harry Potter venne in treno, da Manchester a Londra e che, come narra la leggenda, aveva già delineato tutti i personaggi quando scese alla stazione di Kings Cross: «Ho iniziato a scrivere il libro ben prima che si parlasse di Harry Potter e non ho voluto leggerlo fino alla fine per timore che il fenomeno mi attirasse nella sua sfera gravitazionale. Ma lanno scorso, quando ho iniziato il tour promozionale, ho portato con me i primi cinque volumi. Sono ottimi per un viaggio, perché ti assorbono completamente. Me li sono proprio goduti. Anche se devo dire che non ricordo praticamente nulla della storia, né dei personaggi. Non mi è rimasta impressa alcuna atmosfera».
Non ha notato somiglianze nemmeno nella sfera... magica?
«Lunica somiglianza è che ci sono i maghi. E lInghilterra. Ma quella scuola e la casa degli zii di Harry potrebbero essere in qualsiasi parte dellInghilterra, anzi a dirla tutta potrebbero essere ovunque. Io ho cercato di dare unidentità culturale forte alla storia (quello che, con unespressione intraducibile, chiama sense of England, ndr), unidentità precisa, unatmosfera gotica che viene dalle mie radici del Nord, tra brughiere e solitudine, e dalle mie letture: C.S. Lewis, Tolkien, Ursula Le Guin, Joan Aiken per quanto riguarda il folklore e il magico, Jane Austen, Charles Dickens, Lord Byron per i costumi dellepoca e i dialoghi. Inoltre, nel mio libro bene e male sono mescolati in ogni personaggio, mentre nei libri della Rowling sono necessariamente due entità ben distinte. Il mio è un libro ricco di atmosfera e descrizioni, che forse i bambini troverebbero noiose. Vorrei chiarire - precisa a questo punto con perfetto understatement - che non si tratta di una critica. È solo la dimostrazione di quante possibilità diverse di scrivere esistano».
Il finale di questo libro è aperto. Dobbiamo attenderci un seguito?
«Ci ho messo dieci anni a scrivere il libro che avrei voluto leggere.
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