La svolta di Fiorani: per due ore davanti ai magistrati

Il banchiere racconta ai Pm la sua verità su Antonveneta. Obbiettivo: ottenere il dissequestro delle azioni

da Milano

Gianpiero Fiorani, indagato per aggiotaggio, insider trading e ostacolo alle autorità di vigilanza nella scalata Antonveneta, cambia rotta. Dopo aver evitato per settimane ogni incontro con i Pm e il Gip del Tribunale stavolta l’ex amministratore di Banca popolare italiana si presenta in Procura con gli avvocati Francesco Mucciarelli e Luisa Mazzola. È il segnale di un’apertura anche se siamo lontani da quell’ampia collaborazione che già qualcuno s’aspettava.
Banca popolare italiana, infatti, ha a cuore soprattutto il 40 per cento delle azioni Antonveneta congelate dal gip Clementina Forleo. Un patrimonio che finché resterà congelato sarà infruttifero e dispendioso. Soprattutto se chi ha aperto linee di credito chiederà il rientro. Ecco quindi spiegata la svolta, se di svolta si tratta. Dando le spiegazioni necessarie e indicando le trattative in corso, da Lodi contano di ottenere il dissequestro del pacchetto di Antonveneta. Una posizione che potrebbe essere seguita da quelle di altri imprenditori, a iniziare dall’immobiliarista romano Stefano Ricucci. Anche per questo l’avvocato Corso Bovio si confronta spesso con Fusco.
In questa direzione vanno inquadrati gli incontri avuti alla vigilia dell’interrogatorio di Fiorani, con il difensore dell’istituto di credito, Giuseppe Iannaccone, e con il custode delle azioni, il professor Emanuele Rimini. Verso mezzogiorno i due si sono confrontati nell’ufficio del pm Eugenio Fusco per valutare, per la prima volta, le strade percorribili per arrivare al dissequestro dei titoli. Due le condizioni poste: la vendita, come detto, e un atteggiamento difensivo diverso. Più collaborazione. A questo punto - pare di capire - si tratta davvero di giorni. Quando sarà formalizzata nero su bianco la cessione della quota della banca di Padova, il pacchetto verrà dissequestrato con parere favorevole della Procura.
Non deve essere un caso se mentre a Milano Fiorani riempiva qualche pagina di verbale su un unico argomento (due le ore di registrazione dell’interrogatorio da sbobinare e verbale secretato), a Roma a sorpresa la Guardia di finanza tornava in Bankitalia. In via Nazionale le Fiamme gialle sono andate su disposizione dei pm Eugenio Fusco e Giulia Perrotti. Si sono trattenuti fino alle 21 e 30 cercando quelle carte che da mesi non saltano fuori. Si tratta della lettera d’intenti fatta avere alla vigilanza di via Nazionale e allegata al contratto di Emilio Gnutti. Ne fa riferimento Gianpiero Fiorani in alcune intercettazioni, ma finora mai si era trovata a Palazzo Koch. Ora gli inquirenti l’hanno trovata e sequestrata. La nota per l’accusa dimostrerebbe l’ostacolo all’attività di vigilanza. Il documento è stata consegnato il 6 luglio da Gennaro D’Amico, uno tra i più stretti collaboratori di Fiorani, all’ispettore Serata che ieri è stato interrogato a Roma.
Il 6 luglio non è una data a caso. Cade proprio all’indomani dei numerosi incontri tra gli uomini di Bankitalia e i manager della Popolare italiana per raddrizzare i coefficienti patrimoniali che erano indispensabili per ottenere l’autorizzazione all’Opa. Sempre il 6 mattina Fiorani, il dirigente Savarè e Gennaro D’Amico sono tornati a Roma per una riunione e una colazione negli uffici dell’immobiliarista Stefano Ricucci.

Subito dopo, verso le 16, sia D’Amico, sia Antonio Savarè sono tornati in Bankitalia con i documenti che assicuravano le cessioni al gruppo di Emilio Gnutti.
L’interrogatorio di Fiorani apre quindi una nuova fase delle indagini. A questo primo e sommario faccia a faccia tra gli inquirenti e il banchiere ne seguiranno altri da mettere in agenda nelle prossime settimane.

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