Tagliare le aliquote è possibile: vi spiego come

Silvio Berlusconi ha affermato che la riforma dell’Irpef basata su due sole aliquote adesso non è possibile, perché abbiamo un grosso deficit e una recessione che ha ridotto il Pil di 4-5 punti. E quando cala il Pil, peggiorano le entrate, mentre bisogna fare delle spese per gli ammortizzatori sociali. E quindi non si possono fare le grandi riforme fiscali, che costano. Abbiamo un enorme debito pubblico, dobbiamo collocarlo su un mercato intasato dai nuovi debiti che fanno gli Usa, la Gran Bretagna, la Spagna e, in misura minore, la Francia. La Grecia sta barcollando, ha debiti eccessivi e i mercati internazionali non credono alla capacità del suo governo di onorarli. Vogliamo fare la fine della Grecia?
Ciò che ha detto Berlusconi, dunque, è una verità impopolare e gli va dato atto del coraggio e della chiarezza con cui lo ha fatto, in un periodo pre-elettorale. Avrebbe potuto tergiversare con frasi nebulose. Invece ha assunto su di sé questa responsabilità dimostrando di essere un vero statista. È assurdo che la sinistra affermi che la posizione di Berlusconi è irresponsabile. È vero l’opposto. Si rinfaccia a Berlusconi di aver in precedenza accennato a riduzioni di imposte. Ma non aveva indicato la quantità e le modalità dell’operazione che preannunciava. A me non sembra che adesso abbia fatto «macchina indietro». Mi sembra che abbia escluso dal novero delle attuali possibilità la «grande riforma» dell’Irpef. Ma ciò, a mio parere, non significa che non si possano attuare misure più limitate e mirate agli operatori economici, al lavoro e a alla maggiore efficienza del sistema tributario.
L’articolo che io scrissi su Il Giornale, a commento dell’annuncio di Berlusconi di una riduzione fiscale, era di questo tipo e conteneva due proposte, del costo complessivo di 2,8 miliardi di euro (vale a dire 0,19% del Pil). Una delle quali che forse è finanziabile con l’aumento di gettito derivante dalla emersione di imponibili sommersi; e che è già stata introdotta nella legge finanziaria in via sperimentale, per la provincia di L’Aquila. Proponevo una riduzione di mille euro per contribuente, per 2 milioni di lavoratori a basso reddito, con un costo complessivo di 2 miliardi di euro. Inoltre proponevo l’elevamento della franchigia dell’Irap per gli operatori economici con non più di 180mila euro di imponibile, dall’attuale livello di 9.500 euro a 15mila, che avrebbe un costo di 800 milioni. E potrebbe togliere dall’Irap un milione circa di contribuenti, cioè un quinto del loro numero.
L’Irap dà circa 40 miliardi, con una perdita di gettito del 2%, si toglierebbe di mezzo il 20% dei contribuenti, consentendo al fisco di concentrarsi su attività più significative. E l’aumento della detrazione per il reddito di lavoro, di mille euro annui per lavoratori con basso reddito, mentre ridurrebbe il numero dei contribuenti dell’Irpef, consentirebbe un maggior respiro nel loro bilancio. Berlusconi ha affermato che quest’anno il governo si concentrerà sulla semplificazione del sistema tributario, per renderlo più equo, più comprensibile al cittadino e funzionale. Quelle che ho suggerito sono, appunto, semplificazioni del sistema fiscale utili a renderlo più equo e più efficiente.
Quanto al rapporto fra crescita economica e regime fiscale, l’imposta forfettaria del 20 per cento sul reddito degli affitti, che viene applicata nel 2010 in via sperimentale per la provincia de L’Aquila, darebbe un impulso all’investimento nel mattone, che è un importante motore dell’economia e servirebbe ad alleviare il problema degli alloggi. Poiché aiuterebbe a far emergere molto imponibile sommerso, si potrebbe autofinanziare.
Per il finanziamento delle altre proposte, che hanno un ordine di grandezza di tre miliardi, si dovrebbe procedere, innanzitutto, ad una attenta verifica delle priorità nella spesa pubblica. Inoltre si potrebbe adottare il principio di destinare a questo scopo il risultato della lotta all’evasione, con particolare riguardo al settore del sommerso e delle importazioni. Molti beni entrano clandestinamente in Italia, non pagano l’Iva e altri tributi e fanno concorrenza a quelli prodotti dagli operatori onesti.

Queste proposte e le altre simili non hanno nulla a che fare con la teoria keynesiana per cui aumentando la domanda di consumi anche in deficit si ha crescita economica: una ricetta rovinosa che Obama sta applicando negli Usa. Si tratta di rendere più efficiente il fisco con varie semplificazioni e di fare una politica tributaria sul lato dell’offerta, a favore dell'impresa, del lavoro, del risparmio e dell’investimento.

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