da Brindisi
Dallo scontro politico alla bufera giudiziaria; dallaspra contrapposizione tra governo ed enti locali capitanati dalla regione Puglia allimprovvisa svolta nelle indagini; dallimbarazzo diplomatico sullasse Roma-Londra allinchiesta della procura che ha provocato un terremoto. In ogni caso al centro cè sempre il rigassificatore di Brindisi. Ieri agenti della Digos e militari della guardia di finanza hanno sequestrato larea di Capobianco, sede dellimpianto, e hanno arrestato cinque persone: sono lex sindaco di centrosinistra della città, Giovanni Antonino, limprenditore Luca Scagliarini, il presidente di British Gas Italia, Franco Fassio, lex presidente, Yvonne Olwen Barton, lex amministratore delegato, Fabio Fontana. Questi ultimi due sono ai domiciliari per trenta giorni, mentre Scagliarini, che ha accusato un malore, è stato ricoverato in ospedale. Nellinchiesta figurano ventisette indagati, tra cui ex amministratori pubblici, imprenditori. Le accuse, contestate a vario titolo, sono corruzione aggravata e continuata, e falso ideologico.
Le indagini sono concentrate sulle autorizzazioni per limpianto e ruotano attorno a una presunta tangente di 360 milioni di vecchie lire (circa 186mila euro): secondo gli investigatori il denaro sarebbe stato versato da British Gas Italia ad Antonino attraverso la società Iss amministrata da Scagliarini. I soldi è sempre lipotesi dellaccusa sarebbero transitati in dieci rate da trenta milioni ciascuna più Iva sotto forma di consulenza. Inoltre, gli inquirenti contestano a Fassio di aver promesso ad Antonino varie utilità derivanti dalla gestione degli appalti e di beni collegati alla realizzazione del rigassificatore. Gli accertamenti non sono conclusi. Al contrario, vanno avanti e passano dallesame dei documenti: diverse carte sono state acquisite non solo negli uffici dellAutorità portuale di Brindisi, ma anche a Roma, al ministero delle Attività produttive e dellAmbiente. Insomma, il caso è tuttaltro che chiuso.
Quella del rigassificatore è una vicenda infinita e scandita dalle polemiche, che a livello politico hanno scavato un solco allinterno della sinistra a tutti i livelli: da una parte Palazzo Chigi, favorevole a mantenere gli impegni presi con Londra; dallaltra parte gli ambientalisti e soprattutto gli enti locali, decisi invece a opporsi a tutti i costi alla realizzazione dellimpianto. In prima fila sulle barricate del no cè il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, di Rifondazione comunista, il quale non ha esitato a definire la realizzazione dellopera a Brindisi «un crimine contro lumanità» mostrandosi possibilista su unaltra destinazione, come Taranto. Fatto sta che i lavori sono andati avanti e la presa di posizione degli enti locali ha messo in forte imbarazzo il governo, al punto che la questione è stata discussa dal presidente del Consiglio Prodi con il premier britannico Tony Blair nel corso di un incontro del 6 novembre scorso. Successivamente però, nonostante le rassicurazioni fornite agli inglesi, il 27 dicembre proprio il governo ha deciso di riaprire la conferenza dei servizi riavviando le procedure su sollecitazione dellUnione europea. Il motivo: si rendeva necessaria una valutazione di impatto ambientale. Una scelta che però non ha portato alla sospensione dei lavori, che invece sono andati avanti. Ma intanto, mentre infuriavano le polemiche, proseguivano le indagini sulle autorizzazioni.
La figura cardine dellinchiesta della magistratura è Giovanni Antonino, sindaco dal 97 al 2003, inizialmente alla guida di una giunta di centrodestra e poi, dopo un ribaltone, a capo di una coalizione di centrosinistra. È la terza volta che lex primo cittadino finisce in carcere. La prima fu nellottobre del 2003: fu arrestato a Roma per corruzione e concussione, passò una notte nel carcere di Regina Coeli e fu trasferito in Puglia.
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