Gian Piero Scevola
Emergenza arbitri, anno zero dei fischietti, classe arbitrale da ricostruire e da rivalutare: queste le prospettive di inizio stagione dopo il ciclone di Moggiopoli che avrebbe dovuto spazzare via tutti i dubbi e i cattivi pensieri. E rendere anche il mondo del calcio più paziente e tollerante nei confronti di tanti giovani arbitri proiettati da un giorno allaltro sui grandi palcoscenici pallonari, con poca esperienza alle spalle, qualità tecniche e attitudinali ancora da affinare, una personalità da forgiare. Insomma, la soluzione più idonea per ricominciare da capo, senza polemiche e piagnistei, accettando tutto quello che il campo poteva dare, nel bene e nel male.
Solo tante belle parole, però e buoni propositi che, dopo 10 giornate, sono andati a farsi benedire perché, Milan docet, la caccia allarbitro e ai suoi errori è cominciata da un pezzo. Come se nulla fosse successo in estate. Come se le grida di dolore lanciate dallallora commissario straordinario Luigi Agnolin, che invitava tutte le componenti del calcio a prendere in seria considerazione un campionato in mano ad arbitri giovani ed inesperti, si fossero perse in un assordante silenzio. E sì che Agnolin, in piena bufera di calciopoli, era personalmente intervenuto presso lallora commissario Guido Rossi per allertarlo sui troppi fischietti deferiti e a rischio sospensione: senza di loro i campionati non si possono fare, il suo appello. Detto e fatto, con la sola eccezione di De Santis, nessun altro è stato fermato, malgrado le dichiarazioni inquietanti rilasciate ai carabinieri da Trefoloni e i tanti sospetti, non supportati però da prove concrete, nei confronti di altri suoi colleghi. Con la nouvelle vague, i dieci nuovi arrivati dalla serie C, che si sono trovati catapultati in un altro mondo. Perché i vari Celi, Damato, Gervasoni, Iannone, Lena, Orsato, Pierpaoli, Salati, Velotto e Zanzi avranno sì grandi potenzialità, ma la serie A è unaltra cosa. E se sui 41 arbitri a disposizione ne togliamo dieci, senza considerare Paparesta e Morganti appena reintegrati nei ranghi, sono stati in 29 a gestirsi le 100 gare di A finora disputate. Poi ci sono quelli che sbagliano come Pieri. E ieri Galliani è stato chiaro: «Il problema arbitrale cè. Due anni fa dissi che, secondo me, Pieri è tecnicamente inadeguato. Il giudizio non è cambiato. Ma si tratta di errori».
Ha provato a spalmare le uscite il nuovo designatore Stefano Tedeschi, il gran protetto di Agnolin estratto a sorpresa dal magico cilindro, ma i nomi, quelli che mettono soggezione ai giocatori, i Collina della situazione tanto per intenderci, non ci sono più. Certo, il mondiale Rosetti è la punta di diamante, con 5 gare dirette come «sciagura» Pieri, e gli emergenti Brighi e Rocchi, mentre il top class Uefa Farina, nominato ieri rappresentante degli arbitri in attività (conta anche lanzianità) è fermo a 4 insieme ad Ayroldi, Bergonzi, Bertini, Girardi, Mazzoleni, Messina, Rizzoli, Saccani, Tagliavento e Trefoloni.
Consideriamo pure che da gennaio Rizzoli, Tagliavento e De Marco si appunteranno i galloni di internazionali (resta da risolvere il caso Paparesta che pretende di essere riammesso in Europa): sono giovani, magari anche belli a vedersi in campo, ma con esperienza ancora da acquisire e tale da non lasciare tranquilli i club sulla regolarità del campionato. Perché di errori finora ne sono stati commessi tanti; hanno pagato pegno Milan, Reggina, Lazio e tante altre al punto da ingenerare il dubbio che gli errori non siano più dovuti a fatti casuali, ma a una effettiva incapacità di gestione della gara da parte dei fischietti se non addirittura da una mancata conoscenza delle 17 regole del gioco.
Ma non è finita, perché il malumore nei confronti del commissario Luca Pancalli per il nuovo regolamento Aia da lui presentato è esploso dirompente nelle 212 sezioni arbitrali.
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