Politica

Tanzi chiede il patteggiamento La procura: 2 anni e mezzo è poco

No del gip, ma gli avvocati sono pronti a rilanciare: «Non abbiamo alcun interesse ad andare al dibattimento»

Stefano Zurlo

da Milano

Per ora è solo un gioco delle parti. Calisto Tanzi prova a contenere i danni a Milano buttando sul piatto un’offerta per chiudere il processo di rito ambrosiano: due anni e mezzo. La Procura ha già risposto picche: troppo poco. Ma la strada verso il patteggiamento è aperta. Non se ne farà nulla nell’udienza preliminare che è in corso davanti al gip Cesare Tacconi, ma l’accordo potrebbe essere raggiunto più avanti, all’apertura del dibattimento. «Noi - spiega l’avvocato Giampiero Biancolella, difensore dell’ex patron della Parmalat - non abbiamo alcun interesse ad andare al dibattimento». Insomma, Tanzi si dichiara colpevole, ma prova a gestire il problematico rapporto con la giustizia. Col patteggiamento allargato - lo strumento scelto dall’ex numero uno di Collecchio - i trenta mesi potrebbero essere scontati in una forma soft, lontano dal carcere, ai servizi sociali.
I legali di Tanzi studiano una «exit strategy» condita con un pizzico di pragmatismo. Tanzi non ha alcuna intenzione di farsi crocifiggere in aula, udienza dopo udienza e cerca di smarcarsi affrontando i tribunali uno alla volta, prima Milano e poi Parma, dove pende il processo più pesante, quello per la bancarotta da 14,4 miliardi di euro.
Del resto, il patteggiamento è la porta da cui molti imputati stanno uscendo, almeno a Milano. Fausto Tonna, storico braccio destro del Cavaliere, ha concordato proprio due anni e mezzo; Stefano e Giovanni Tanzi, ossia il figlio e il fratello di Calisto, hanno chiuso a un anno e undici mesi; l’ex direttore finanziario Luciano Del Soldato si è fermato a un anno e dieci mesi; l’avvocato Gianpaolo Zini a due anni.
Tutti fanno i loro calcoli con l’obiettivo di schivare il carcere, o almeno di subirlo in dosi omeopatiche. Sotto i tre anni il carcere può essere sostituito con i servizi sociali, sotto i due anni la pena può essere sospesa. Certo, i fronti da presidiare sono due: Milano e Parma. Ma altre alchimie legali potrebbero dare una mano ai penalisti: le condanne potrebbero essere messe in continuazione, abbattendo, non di poco, il totale. C’è poi da considerare il cosiddetto presofferto, ovvero il periodo già trascorso fra carcere e arresti domiciliari nella fase cautelare, quando esplose lo scandalo.
Per ora la Procura ha dato parere favorevole al patteggiamento undici volte, la decisione finale sarà presa dal gip Tacconi il 28 giugno.
A giorni, intanto, partiranno da Parma le richieste di rinvio a giudizio.

Le persone indagate nella città emiliana sono settanta, per reati che vanno dall’associazione a delinquere alla bancarotta e al falso in bilancio.

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