Il Tar dà via libera al poliziotto senz’armi

L’obiettore di coscienza potrà prestare servizio senza la pistola

Pietro Vernizzi

Il Tar dice sì al «poliziotto senza pistola». Una sentenza del Tar lombardo ha dato ragione a un agente di pubblica sicurezza (qualifica corrispondente all’agente di polizia fino al grado di sovrintendente) che, in quanto obiettore di coscienza, aveva scelto di non portare con sé la pistola d’ordinanza. Ad averla vinta è stato Tiziano Rama, 40 anni, responsabile della sicurezza di Chiesa in Valmalenco (Sondrio), un paese a mille metri di quota con 2.800 anime, cui ogni inverno si aggiungono 7.000 turisti.
Rama ha iniziato la carriera come vigile urbano, per poi essere promosso ad agente di polizia locale nel 1992. «Circa un anno fa - racconta - un signore cui avevo dato una multa, si è vendicato con un esposto in procura e in prefettura. La prima ha archiviato, mentre la prefettura nel giro di una settimana mi ha tolto la qualifica di agente, senza neanche motivare il provvedimento». A quel punto è scattato il ricorso al Tar. E i giudici hanno sancito con una sentenza il principio secondo cui «al riconoscimento della qualifica di agente di pubblica sicurezza non consegue l’onere di prestazione del servizio armato».
No comment in prefettura, mentre Rama ricorda che «Chiesa in Valmalenco è un’isola felice, collegata al resto del mondo da un’unica strada. Altro che pistole, basta bloccare quell’unica via di fuga e i malviventi non hanno più scampo.

L’obiezione di coscienza è una mia scelta personale da quando sono ragazzo: non porto armi e non ne ho mai portate. Non giudico i colleghi che girano armati, ma io non lo farei nemmeno se fossi costretto a rinunciare a fare l’agente».

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