Con una tassa sui biglietti daremo a piloti e hostess

Di cassa integrazione non ce n’è una sola: esistono quella ordinaria, quella straordinaria e quella dei dipendenti Alitalia. Che in realtà è quella che si meriterebbe davvero l’appellativo di straordinaria: per la durata - sette anni complessivi - e per l’entità del trattamento economico, pari all’80% dello stipendio, garantito, peraltro, dai passeggeri, con la nuova tassa di imbarco di tre euro. Cioè molto di più, sia in termini di tempo che di denaro, dei normali «ammortizzatori» offerti ai lavoratori di aziende in crisi.
Un trattamento decisamente record - come ricorda anche il Sole-24 ore, citando l’intesa raggiunta il 22 settembre tra Cai e i nove sindacati di categoria - che mette i dipendenti di Alitalia su un piano completamente diverso rispetto a quello degli altri lavoratori.
O meglio, di quelli che alla cassa integrazione hanno diritto: perché per i dipendenti delle piccole e medie imprese - cioè la stragrande maggioranza - gli artigiani e i giovani precari questo strumento, in via ordinaria, non esiste. Solo in alcuni casi particolari, cosiddetti «in deroga», può essere applicata anche a questi lavoratori la cassa integrazione straordinaria, ma nei limiti dei fondi che lo Stato mette a disposizione delle Regioni per questo scopo e che in molti casi - ad esempio, Campania e Toscana - si stanno già esaurendo.
Ma anche chi alla cassa integrazione normalmente ha diritto non gode certamente di trattamenti paragonabili al «paracadute» concesso ai dipendenti dell’Alitalia. Innanzitutto l’assegno percepito è decisamente più magro. L’importo infatti corrisponde all’80% della retribuzione, ma non può superare un tetto mensile che viene stabilito annualmente. Per il 2008 il limite è di 858,58 euro al mese, elevati a 1.031,93 se il lavoratore ha una retribuzione mensile superiore a 1.857,48 euro. Anche la durata dell’intervento è decisamente inferiore. In via ordinaria la cassa integrazione può essere concessa per un massimo di 13 settimane, più eventuali proroghe fino a 12 mesi, o al massimo 24 in alcune aree territoriali, perlopiù nel Mezzogiorno.
Solo per chi lavora nel settore edile e lapideo (le cave di marmo, per esempio), si può arrivare a 52 settimane, e anche il limite dell’assegno mensile può essere elevato fino a 1.030,30 euro per la fascia più bassa e a 1.238,32 per quella più alta, se l’integrazione del guadagno è stata richiesta a causa di eventi meteorologici che impediscono di lavorare: tra l’altro, la cassa integrazione, a guerra appena finita, è nata proprio per questo motivo. La durata è maggiore nei casi di cassa integrazione straordinaria, cioè quando non si tratta di una difficoltà momentanea, dovuta per esempio a una crisi temporanea di mercato, ma a una vera e propria crisi aziendale: ed è il caso di Alitalia. Nel complesso comunque gli interventi di sostegno al reddito, sia ordinari che straordinari, non possono superare i 36 mesi in cinque anni: anche se più volte, in realtà, i limiti sono stati valicati, grazie a disposizioni di legge, sia pure a carattere transitorio.
Per i dipendenti Alitalia dichiarati in esubero, invece, lo Stato garantirà per sette anni - quattro di cassa integrazione e tre successivi di mobilità - l’80% dello stipendio, calcolato sulla media degli ultimi 12 mesi, ma senza alcun «tetto» mensile.

A coprire la differenza sarà il Fondo di integrazione al reddito, finanziato anche dai passeggeri, con l’aumento di tre euro del biglietto che sarà pagato dai viaggiatori di tutti gli aeroporti italiani. Un’altra «straordinaria» concessione, riservata a tutti i dipendenti dell’ex compagnia di bandiera, dal comandante in giù.

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