da Catania
Da qualche stagione il Teatro Stabile di Catania si è affermato come uno dei luoghi privilegiati della cultura drammatica italiana. Tanto che quando in molti pensavano che, dopo la scomparsa di Turi Ferro, lo storico edificio fosse irrimediabilmente avviato al declino si sono ben presto ricreduti. Davanti alla varietà delle proposte, alla singolarità delle linee drammaturgiche e al notevole incremento di produzioni che, contrastando il facile successo di pubblico, si sono imposte allattenzione della critica. Infatti, senza risalire ai tempi della fatidica prima del Giorno della civetta o ai famosi allestimenti del Consiglio d'Egitto di Sciascia firmato da Puggelli e della Rapacità di Gorkji esumata dal compianto Sandro Sequi che suscitarono clamore, basta riandare alle ultime stagioni dellente per rendersi conto della multiforme capacità di Catania di precorrere i tempi sia nella sperimentazione di nuovi linguaggi che nella storica esumazione di copioni dimenticati. Chi non ricorda con emozione e gratitudine ciò che ha fatto Vincenzo Pirrotta, uno dei talenti più esplosivi delle ultime stagioni quando, portando in scena Il ciclope di Euripide nella stesura dialettale di Luigi Pirandello, arricchì lo spettacolo coi canti dei contadini di Partinico e dei carcerati della Vicaria? Mentre Enzo Moscato, traducendo e attualizzando per Armando Pugliese Chantecler, il capolavoro dimenticato di Rostand, trasformò quella saga di volatili in libertà ambientata nel cortile suburbano del Gallo del Pollaio, lo spregiudicato dongiovanni che fa razzia di appetitose fagiane, in uno straordinario concertato di suoni e umori da strapaese che ricordava da La fattoria degli animali di Orwell, stavolta messa a ferro e fuoco da uno stormo di uccellacci notturni simili al popolo della notte che, tra le oscene contorsioni delle sue sfrenate lap dance, provoca l'appassionato consenso dei teenagers e la riprovazione degli onesti padri di famiglia.
Spettacoli di pochi mesi fa già entrati nella leggenda del teatro italiano. Come cè da scommettere sarà la versione scenica di Un bellissimo novembre di Patti nella stesura di uno dei più spregiudicati lions della regia anni sessanta, cioè il redivivo Mario Missiroli (al Verga dal 4 al 23 novembre prossimo).
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