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Clubhouse: è caccia all'invito, ma quanti dubbi sulla privacy

Esplode la mania per Clubhouse, il social basato sulle chat vocali. Ma sulla privacy il servizio rimane lacunoso, soprattutto per gli utenti europei

Clubhouse: è caccia all'invito, ma quanti dubbi sulla privacy

È già Clubhouse mania. Tra i frequentatori dei social si è scatenata la caccia all’invito alla piattaforma che consente di parlare in diretta con altri utenti, all’interno di stanze virtuali (le Room). Per unirsi alla community, infatti, è necessario che un utente già iscritto invii a un amico il link per l’iscrizione. L'app americana, ancora in fase beta, si sta tuttavia rivelando ancora poco matura sul piano della privacy, aspetto oscurato dal grande entusiasmo generato dalla novità.

Un primo tema riguarda l’età minima per utilizzare l’app. Il servizio è rivolto ai maggiorenni, ma al momento non sono presenti meccanismi di verifica per limitare l’iscrizione ai minorenni che hanno ottenuto l’invito. Basta un flag che confermi la maggiore età e si accede.

Le conversazioni sono cifrate e non sono registrate. Una volta terminato il dibattito e chiusa la stanza virtuale, l’audio viene cancellato. Non c’è quindi la possibilità, come avviene ad esempio sulle note chat di messaggistica, di recuperare una vecchia registrazione e condividerla. Le dirette all’interno delle stanze vengono conservate provvisoriamente, anche se non è specificato per quanto tempo, solo per procedere alle indagini nel caso di violazioni dei termini di servizio.

Nulla, tuttavia, impedisce a un utente all’interno della stanza di registrare le conversazioni con un altro dispositivo e rilanciarle altrove, oppure trasmetterle in diretta su altre piattaforme. Come avvenuto recentemente durante un talk del fondatore di Tesla Elon Musk, uno dei vip più entusiasti del nuovo social. A questo riguardo, però, Clubhouse non si assume alcuna responsabilità. Leggendo la sua informativa sulla privacy, l’app mette le mani avanti, affermando che l’utente usa il servizio “a proprio rischio e pericolo” nel paragrafo che riguarda la sicurezza. Tradotto: se si comunicano dati sensibili durante una diretta e questa viene diffusa esternamente, la piattaforma non ne risponde.

Nello stesso paragrafo, Alpha Exploration Co. - la start-up californiana che ha sviluppato l’app - aggiunge che “Implementiamo misure tecniche, amministrative e organizzative commercialmente ragionevoli per proteggere i dati personali”. La privacy, insomma, al momento non sembra in cima alla lista delle priorità. In questo senso, sembra parlare anche la confusione tra profilazione e condivisione dei dati personali. Su entrambi i fronti manca la possibilità di fornire il consenso esplicito al trattamento delle informazioni da parte di Clubhouse e alla loro trasmissione a soggetti esterni, che può avvenire senza che l’utente sia avvisato dalla piattaforma.

Tutti questi temi sono collegati a un problema di fondo. L’informativa non tiene in considerazione i diritti dei cittadini europei, nonostante l’app sia scaricabile anche nel Vecchio Continente, e non fa riferimento alla normativa dell’Unione Europea sulla privacy e i dati personali, il Gdpr. Ad esempio, non è precisato come avvenga il trasferimento dei dati negli Stati Uniti, né se Clubhouse abbia adottato le garanzie previste dalle clausole contrattuali standard approvate dalla Commissione Ue. Non è presente, infine, sul territorio europeo un rappresentante della start-up americana, nonostante l’art.

27 del Gdpr lo preveda.

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