Teheran: «Londra chieda scusa» Blair agli iraniani: «Un’infamia»

Un nuovo video della soldatessa: «Dobbiamo lasciare l’Irak». Gli inglesi sparano vicino al consolato degli ayatollah a Bassora

Teheran: «Londra chieda scusa» Blair agli iraniani: «Un’infamia»

da Londra

Sdegno e preoccupazione. Ma è soprattutto l’incredulità il sentimento dominante in Gran Bretagna dopo la trasmissione delle immagini dei 15 tra marinai e marines inglesi prigionieri a Teheran mandate in onda dalla televisione iraniana. «Un’ignominia, uno spettacolo inaccettabile, privo di umanità», ha dichiarato un portavoce del primo ministro laburista Tony Blair e ieri tutte le prime pagine dei quotidiani britannici avevano titoli duri contro la “trovata” del governo iraniano. Insomma, la mossa, se voleva essere distensiva, non ha funzionato. Non sono piaciute, perché nessuno le ha trovate rassicuranti, le immagini dell’unica donna del gruppo, Faye Turney, costretta a indossare abiti iraniani. L’hanno filmata mentre fuma nervosamente.
Il video ha mostrato anche una lettera che la donna avrebbe indirizzato ai genitori rassicurandoli sulle sue condizioni di salute e sul trattamento ricevuto, «caldo e rispettoso». Nella lettera la Turney ammette di avere «ovviamente» violato, con gli altri quattordici compagni, le acque territoriali iraniane. Una dichiarazione che non convince gli esperti e neppure il ministro degli Esteri Margaret Beckett, che ieri si è detta «preoccupata poiché le immagini trasmesse indicano che il livello di pressione subìto dai nostri soldati è alto». E ieri sera la Tv satellitare britannica “Sky News” ha annunciato che la Turney ha scritto un’altra lettera in cui chiede il ritiro delle truppe britanniche dall’Irak.
Gli iraniani cercano di trarre il massimo vantaggio mediatico, politico e diplomatico da questa vicenda. «I quindici sono entrati sei volte nelle nostre acque territoriali prima di essere arrestati», ha dichiarato un alto responsabile militare all’agenzia di stampa iraniana Irna. La Tv di Teheran ha inoltre diffuso un nuovo video, che mostra le fasi della cattura, avvenuta venerdì scorso, della pattuglia in perlustrazione con due gommoni nello stretto dello Shatt el Arab. Si sentono anche colpi di armi da fuoco. La voce che commenta le immagini sostieme che esse costituiscono la prova dello sconfinamento. Pertanto il regime degli ayatollah esige anzitutto le scuse ufficiali del governo britannico. Al momento, se queste non verranno, appare improbabile un prossimo rilascio dei prigionieri, compreso quello della soldatessa, la cui liberazione l’altro ieri sembrava imminente
Ad acuire la tensione tra Teheran e Londra ha contribuito ieri anche una sparatoria vicino al consolato iraniano a Bassora, in Irak. Secondo il console, Mohammed Reva Nassir, i soldati britannici hanno circondato l’edificio, hanno sparato in aria per intimorire gli iraniani e «poi sono penetrati nella nostra sede, restando all’interno per dieci munuti». «Una provocazione», l’ha definita il diplomatico. Gli inglesi hanno smentito e dato un’altra versione: i nostri militari sono caduti in un agguato e hanno risposto al fuoco.
Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha incontrato ieri il ministro degli Esteri iraniano Manoucher Mottaki a Riad, dove si trovavano entrambi per partecipare a un summit della Lega araba.

Un portavoce di Ban ha confermato che la detenzione dei soldati inglesi era stata oggetto di discussione, ma non ha dato dettagli.
Nei giorni scorsi il governo britannico aveva diffuso l’esatta posizione, rilevata dal satellite, in cui si trovavano i quindici quando sono stati catturati, dimostrando che erano ancora in acque irachene.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica