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«Tempesta perfetta da 35mila miliardi»

Quando si parla di tempesta perfetta c’è sempre un po’ di tragedia shakespeariana mischiata agli effetti speciali di Hollywood. In tempi di crisi, la locuzione è stata usata - spesso con enfasi eccessiva - per dare il senso di mercati in picchiata, incapaci di difendersi dall’onda alta delle vendite. Perfect storm è dunque sinonimo di allarme rosso, di estremo pericolo. Piace a uno degli alfieri del pessimismo cosmico come l’economista Nouriel Roubini, che di tempesta perfetta ha parlato giusto un paio di giorni fa riferendosi a quanto potrebbe capitare l’anno prossimo; e solletica pure un’agenzia di rating come Standard&Poor’s, che sul tema ha dedicato un ampio studio riassumibile in una solo cifra, ma da brividi, equivalente a oltre 17 volte il debito pubblico italiano. Vale a dire, 35mila miliardi di euro, la somma che rappresenta il fabbisogno di denaro fresco - tra rinnovo dei bond in scadenza e risorse necessarie per la crescita - che dovrà essere soddisfatto a livello globale nei prossimi quattro anni.
È vero che previsioni di questo tipo rischiano di rivelarsi null’altro che esercizi accademici in un mondo in costante e rapido cambiamento. La stessa S&P, nel titolo dell’analisi (“The credit overhang: is a 46$ trillion perfect storm brewing?“) mette cautamente un bel punto interrogativo. Ma lo scenario prospettato è ugualmente inquietante, perché anche senza tener conto del braccio di ferro nell’euro zona sugli strumenti anti-crisi (ieri nuovo no della Merkel agli eurobond), individua alcune criticità già presenti nel sistema economico mondiale. Ciò che preoccupa l’agenzia di rating è che i governi non siano più in grado di intervenire per far fronte a un’eventuale tempesta perfetta sul credito avendo già utilizzato al massimo il proprio arsenale di armi fiscali.

Inoltre, «questo blocco globale di debito societario» rischia di diventare il fattore scatenante di un improvviso razionamento dei finanziamenti. Perché in parallelo «le banche si troveranno impegnate a cercare di ristrutturare i loro bilanci» mentre «gli investitori rimetteranno in discussione il loro grado di sopportazione ai rischi».

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