«La tempesta» è senza dubbio una delle opere più celebri e più frequentate di Shakespeare. Una commedia romanzesca che si apre a letture sceniche di segno diverso e che si presta bene sia ad allestimenti inquadrabili nellalveo della tradizione (quali quelli storici di Giorgio Strehler e, con le opportune differenze, Peter Brook) sia a riscritture prepotentemente inclini a visioni e linguaggi contemporanei (basta citare gli spettacoli di Giorgio Barberio Corsetti e Antonio Latella visti a Roma qualche anno fa). Adesso questa complessa favola, intrisa di sogno e magia così come di allusioni metaforiche al teatro stesso, torna sulle scene capitoline per mano di un regista estroso (e coraggioso) quale Andrea De Rosa, in passato artefice di unoriginale «Elettra» olofonica da ascoltare in cuffia e di una versione di «Molly Sweeney» ambientata completamente al buio.
Diventa dunque quasi dobbligo prefigurare, uno spettacolo diverso dal solito, arricchito di materiali-detriti provenienti da ambiti diversi, abitato da suggestioni attuali, ci daranno la sensazione di assistere a una nuova «Tempesta». Non per niente, nel ruolo di Prospero troviamo qui Umberto Orsini, grande interprete dal piglio straordinariamente moderno.
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