Mentre l'attenzione del mondo è concentrata sulla tragedia del Giappone e sulla guerra civile in Libia, torna a salire la tensione nella comunità tibetana. La polizia cinese ha circondato il monastero di Kirti, nella provincia sud-orientale del Sichuan, e ha arrestato diversi religiosi dopo il suicidio di un giovane monaco che si era dato fuoco in ricordo della rivolta buddista del 16 marzo 2008.
Centinaia di giovani sono scesi in piazza nelle città della regione per chiedere l'autonomia del Tibet. Intanto il Dalai Lama ha respinto l'appello del Parlamento tibetano in esilio a riconsiderare la sua decisione di ritirarsi dalla politica.
Il monaco Phuntsog, di appena 21 anni, si era dato fuoco in un mercato gridando «libertà», secondo quanto riferito dall'International Campaign for Tibet, organizzazione con base a Londra. La polizia cinese è intervenuta e, dopo aver domato il fuoco, ha cominciato a picchiare il ragazzo. Quando gli agenti hanno cercato di trasportarlo via, i monaci lo hanno strappato dalle loro mani, riportandolo nel monastero. Poco più tardi, Phuntsog è morto in ospedale.
Nel frattempo, una folla di centinaia di tibetani si era radunata vicino al monastero, protestando contro le autorità cinesi. Le forze di sicurezza hanno subito disperso la manifestazione e circondato l'edificio. Un numero imprecisato di monaci è stato arrestato ma, più tardi, almeno sette religiosi sono stati rilasciati. Uno di loro aveva una profonda ferita alla testa.
Intanto cresce l'inquietudine nella comunità per l'addio del Dalai Lama, che ha annunciato il suo imminente ritiro dalla scena politica per cedere i poteri a un leader eletto democraticamente. Il Parlamento tibetano in esilio in India gli ha rivolto un appello affinchè riconsiderasse la sua decisione ma il 75enne leader spirituale si è mostrato irremovibile. «Non riconsidererò la mia decisione - ha annunciato il Premio Nobel per la Pace - Ci ho pensato per anni.
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