Si era risvegliata dal coma, tetraplegica, cinque anni dopo il presunto incidente. E dalle sue rivelazioni è scaturita un'indagine che ha portato ieri al rinvio a giudizio del suo ex convivente, disposto dal giudice per le udienze preliminari Marina Zelante. Laccusa è di tentato omicidio, aggravato dal fatto che il delitto sarebbe servito per uscire impunito da un altro processo.
La donna, milanese di 45 anni, la notte dell'ultimo dellanno nel 99 era stata in un pub sulla strada Paullese con il convivente. Dopo un diverbio era uscita dal locale, per essere trovata ore dopo sul ciglio della strada in condizioni gravissime. Uninchiesta a carico di ignoti era già stata archiviata, ma nel novembre dell'anno scorso una nuova indagine, condotta dal pm Fabio Roia e conclusa dal collega Antonio Sangermano, aveva portato a nuove accuse a carico dellex convivente, Giovanni Giordano, 46 anni. Per altro già condannato nel 2000 a quattro anni di reclusione per maltrattamenti e violenza sessuale contro la compagna che appunto non poté raccontare le angherie subite dalluomo.
Secondo i difensori però, gli avvocati Daniela Dawan e Franz Sarno, la donna non sarebbe in grado di comunicare in alcun modo. I legali hanno presentato al gup due consulenze di parte che confermerebbero quanto già sostenuto dai periti nominati dal pm: la donna non sarebbe in grado di comunicare e forse, a causa delle emorragie cerebrali e dellencefalopatia anossica riscontrate, neppure di ricordare le vicende. Le sue «rivelazioni» sarebbero dunque frutto di «domande fortemente induttive» a cui la donna avrebbe risposto con cenni, la cui comprensibilità sarebbe del tutto dubbia, sempre secondo la difesa.
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