Attentato alla sinagoga di Manchester, si indaga sul terrorista: "Ispirato dall'Isis"

Le indagini sull’attentato di Heaton Park puntano su Jihad al-Shamie, 35 anni, britannico di origini siriane ucciso dalla polizia dopo aver colpito i fedeli. Gli inquirenti valutano un’ispirazione jihadista

Attentato alla sinagoga di Manchester, si indaga sul terrorista: "Ispirato dall'Isis"

Nuovi dettagli emergono sull’attentato avvenuto lo scorso 2 ottobre durante i riti dello Yom Kippur alla Heaton Park Hebrew Congregation, una sinagoga nel quartiere di Crumpsall, Manchester, in cui hanno perso la vita due fedeli e l’aggressore ucciso dalla polizia. Le autorità della Greater Manchester Police (GMP) stanno ricostruendo ora il profilo dell’attentatore, Jihad al-Shamie, 35enne britannico di origini siriane, e valutando le sue connessioni con l’ideologia jihadista.

Secondo la ricostruzione ufficiale, al mattino del 2 ottobre, l'uomo si è lanciato con un veicolo contro fedeli in attesa all’esterno della sinagoga e poi ha tentato di penetrare nella struttura brandendo un coltello. La reazione della polizia armata è stata rapida: l’assalitore è stato raggiunto da colpi d’arma da fuoco e dichiarato morto sul posto. Le vittime identificate sono Melvin Cravitz, 66 anni, e Adrian Daulby, 53 anni — entrambi cittadini ebrei presenti al momento del rito.

Le indagini e gli arresti

Fin dal giorno dell’attacco, la polizia antiterrorismo ha assunto il comando dell’inchiesta. La GMP ha confermato che al momento dell’evento risultano tre arresti — due uomini nei loro 30 anni e una donna intorno ai 60 — sospettati di avere ruoli nella preparazione, istigazione o cooperazione con l’attacco. Nei giorni successivi, il numero delle persone interrogate è salito a sei, secondo fonti dell’Associated Press.

Gli investigatori stanno esaminando i dispositivi elettronici dell’attentatore — computer, smartphone, memoria digitale — alla ricerca di tracce che possano chiarire se vi fosse un coordinamento con gruppi estremisti o se si fosse trattato di un atto “solitario”. Al momento, però, non è emersa una connessione certa tra al-Shamie e l’ISIS o altri gruppi jihadisti strutturati. La polizia valuta che possa essersi trattato di un individuo “lupo solitario” profondamente influenzato da ideologia estremista.

Il profilo di Jihad al-Shamie: riscontri, segnalazioni e misteri

L’attentatore era nato in Siria ma aveva acquisito la cittadinanza britannica in giovane età. Alcuni testimoni e vicini riferiscono che non risultava noto ai servizi antiterrorismo (programmi “Prevent” o analoghi) prima dell’attacco. Secondo testimonianze raccolte dal Guardian, alcuni residenti hanno detto di aver segnalato alla polizia, già durante gli anni della pandemia, comportamenti strani nella famiglia al-Shamie: momenti in cui indossava abiti islamici, iniziative di “preghiera privata” in giardino, e tentativi di diffondere versi del Corano ai bambini vicini. Tuttavia, non è chiaro se tali segnalazioni fossero mai state seguite da indagini serie.

Altri vicini affermano che la svolta – un interesse più marcato per l’Islam radicale – sarebbe avvenuta proprio durante i lockdown, quando le frequentazioni esterne si ridussero e i rapporti sociali si fecero più isolati. Quanto alla motivazione dichiarata, alcune ricostruzioni — in parte diffuse dai media — sostengono che al-Shamie avrebbe trascritto dichiarazioni o rivendicazioni legate all’ISIS sul suo computer. Ma queste versioni restano da confermare in modo indipendente dalle autorità britanniche.

La versione del “lupo solitario”

Molti commentatori britannici sottolineano che, benché l’attacco sia stato rapidamente classificato come terrorismo, non tutto è chiaro riguardo ai legami effettivi con reti jihadiste. L’idea di un “lupo solitario ispirato dall’ideologia” è una possibilità concreta nelle analisi della polizia. In casi simili, le indagini possono impiegare settimane, se non mesi, per stabilire connessioni digitali e finanziarie. Nel frattempo, il pericolo di attribuzioni premature resta elevato.

L’attacco ha provocato indignazione e allarme nazionale. Il Primo Ministro Keir Starmer ha definito l’evento “un attacco diretto contro gli ebrei perché ebrei”, e annunciato l’invio di risorse aggiuntive per la difesa delle sinagoghe e per il contrasto all’antisemitismo. Il capo della polizia della Greater Manchester, Sir Stephen Watson, ha riconosciuto la complessità della vicenda, inclusa la tragica circostanza che una delle vittime sia stata probabilmente colpita da un agente in conflitto, sottolineando tuttavia che gli ufficiali agirono con urgenza e sotto la pressione di arrestare un aggressore attivo.

La comunità ebraica britannica,

già in stato di allerta per il contesto internazionale — segnato da tensioni derivanti dal conflitto in Medio Oriente — ha sollecitato maggiori misure di sicurezza e una risposta ferma dello Stato contro l’odio antisemita.

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