Milano - Aula magna del liceo scientifico Einstein, uno dei più prestigiosi della città: in cattedra due esperti dell’Arcigay. La coppia discetta sulla condizione omosessuale, dà qualche consiglio, teorico e pratico, spiega rischi e problematiche. I ragazzi un po’ascoltano e un po’ s’annoiano, come è normale di questi tempi. È una mattinata di autogestione e dunque il programma curriculare è messo fra due robuste parentesi. Le materie di discussione e di crescita culturale sono scelte direttamente dagli studenti, saltando l’istituzione scolastica. La lezione scivola via fra domande di chiarimento e schiamazzi di routine, poi gli adolescenti indossano gli zaini d’ordinanza. Ma prima di varcare il portone si ritrovano in mano una cartolina. Davanti sono disegnate sei facce, accompagnate da una domanda: chi di questi sei ragazzi è gay?
Ciascuno può spremere le meningi e qualcuno, fra gli studenti, si esercita. Invece di risolvere equazioni o tradurre dal latino, dedica gli ultimi minuti della singolare giornata ad indovinare, dalla fisionomia?, il difficile quesito. Dietro, la soluzione è, naturalmente, delle più rassicuranti: il nome del ragazzo gay è accanto ad una didascalia che lo descrive come assolutamente normale: ha 17 anni, suona la chitarra, ha un labrador, In più, è omosessuale. Punto.
Anzi, no. La cartolina aggiunge un dato: un ragazzo su dieci è gay. Chi ha in mano il testo scruta furtivo il vicino. Se fosse lui quello che dà ragione alla statistica? Per lui, per chi ha scoperto che la sua sessualità va da quella parte, segue una sorta di invito: «Se sei attratto dal compagno di banco, non ti preoccupare; chiama, anche in forma anonima, l’Arcigay».
Qualcuno seguirà l’indicazione? In verità, qualche genitore chiede spiegazioni ai figli: da quando l’Arcigay tiene lezioni? «Noi - risponde un’insegnante al Giornale - non ne sapevamo nulla. I due relatori sono stati chiamati dai rappresentanti degli studenti». Al massimo, il tema sarà affrontato in una delle prossime assemblee aperte ai genitori.
Quel che è successo all’Einstein di Milano è la norma? «Ma certo - risponde Franco Grillini, presidente onorario dell’Arcigay - i ragazzi omosessuali sono vittime di episodi di bullismo ed emarginazione, è giusto che siano aiutati». E la cartolina? «Noi non facciamo propaganda - aggiunge Grillini - perchè uno se è gay, gay resta. Però un adolescente può vivere un dramma, spesso non sa con chi confidarsi, e allora la cartolina è utile. E poi i gay sono numerosi, anche più del dieci per cento».
Dunque, le famiglie, tradizionali o ultramoderne, sono avvisate: nelle scuole si fa educazione sessuale senza bilanciare le diverse sensibilità. Pochi giorni fa, al liceo scientifico di Grugliasco, alle porte di Torino, è scoppiato il finimondo perchè la preside aveva fissato alcuni paletti in vista di una conferenza dei soliti maestri dell’Arcigay: non però in una giornata di autogestione ma a complemento della normale attività didattica e ricreativa. Ecco perchè la preside aveva chiesto che al dibattito partecipasse anche un medico cattolico o un prete. È stata subissata di critiche. «La condizione gay è naturale - spiega al Giornale Andrea Benedino, portavoce nazionale di Gayleft e assessore alla pubblica istruzione ad Ivrea - quindi non si capisce perchè un esponente dell’Arcigay debba essere affiancato da un medico cattolico». Ovviamente, si potrebbe obiettare che il medico, forse anche laico, potrebbe affermare che la condizione gay non è naturale, ma Benedino insiste: «Capisco che si possano ascoltare due campane quando si discute dei Pcs, ma qui no.
Il finale è scontato: dopo il disegno di legge sui Pacs, si farà, nel suo piccolo, anche la lezione dell’Arcigay. Il pluralismo, su certi argomenti, è un lusso che oggi gli italiani non possono permettersi.
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