La voce di Beppino Englaro non trema. È rauca perché arriva dalle casse acustiche di piazza Farnese, ma non s’inceppa per emozione o tristezza, nemmeno quando dal palco gli viene domandato: «Ne è valsa la pena?». Tutti quegli anni di battaglie legali, e poi il clamore, la morte di sua figlia, Eluana: «Non ci si può chiedere se ne è valsa la pena. O si crede nello stato di diritto o non ci si crede». È così che Beppino non risponde al dubbio più difficile e lo trasforma in missione sociale: «Le battaglie di libertà hanno il loro prezzo e le dobbiamo portare fino in fondo. Sono convinto che gli italiani non si lasceranno imporre una legge del genere». Ed è per questo che la voce è forte a piazza Farnese. È l’unico modo per convincersi che ne è valsa la pena. Quello che dice è un via libera per chi sta manifestando: «Se non ci sono altre strade e la legge passa, è chiaro che servirà un referendum» per abrogare il testo in discussione sul testamento biologico. Applauso lunghissimo.
Lo lasciano quasi tra gli ultimi: dopo Lidia Ravera, Paolo Flores D’Arcais, Furio Colombo, Andrea Camilleri, Mina Welby, Dacia Maraini. Beppino Englaro ospite d’onore via telefono nel suo primo intervento pubblico dopo la morte di Eluana, alla manifestazione «Sì alla vita no alla tortura di Stato» organizzata dalla rivista MicroMega contro il disegno di legge presentato dalla maggioranza. Il proprio testamento biologico lo si può scrivere o video registrare, a piazza Farnese: fogli e telecamere per lasciare detto come si vuole essere curati, o morire. Davanti all’ambasciata di Francia si rivedono i girotondini (tra gli oratori anche Pancho Pardi), accanto ai radicali. Dopo una certa ora passa Antonio Di Pietro, che promette l’avvio di «una raccolta di firme» per il referendum abrogativo «il giorno dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale». È proprio dell’Italia dei Valori, scappa detto a Flores d’Arcais dal palco, la «messa a disposizione delle strutture e dei suoi militanti per realizzare questo momento di protesta contro il governo Berlusconi».
Ma la gente che passa di qui sembra più interessata alla vita e alla morte che all’arena politica. Gli slogan sono pochissimi, solo qualche cartello che potrebbe lanciare un tormentone: «La morte la scelgo io!». L’applauso più spontaneo, oltre che per Beppino, è tributato per esempio a Papa Wojtyla. Lo cita Andrea Camilleri in un discorso tutto all’attacco di Berlusconi, ma con schiaffi anche a sinistra (una «parte dell’opposizione» è «acquiescente»). Così è questa la piazza: un cartello con scritto «No god», un altro che invita: «Fuori il Papa dalla storia», e gente che esce dalla chiesa di Santa Brigida e si ferma ad ascoltare i due sacerdoti oratori (in 21 hanno firmato la piattaforma di piazza Farnese). I radicali, che con Emma Bonino accusano Veltroni di essere «un pavido», si aspettavano forse un pubblico più laico. E invece ci sono tutti quelli che sono passati per la morte, non chi ha una tessera di partito. Sono tanti.
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