Thyssen-Viareggio: la giustizia a due velocità

A Torino il giudizio di primo grado è arrivato meno di tre anni e mezzo dopo il rogo in cui morirono sette operai Per la strage della stazione invece l’inchiesta arranca fra rogatorie internazionali e perizie ancora impantanate

Thyssen-Viareggio: la giustizia a due velocità

Due roghi. Due ferite terribili per il Paese. E due giustizie diverse. Lo dice il tempo che, si sa, è galantuomo. Per il dramma della Thyssen, sette operai morti il 6 dicembre 2007, c’è una verità giudiziaria, sia pure di primo grado. E ci sono le condanne, a cominciare da quella dell’amministratore delegato di Thyssenkrupp Harald Hespenhahn, sepolto sotto 16 anni di carcere, addirittura per omicidio volontario. Vedremo se l’impianto accusatorio reggerà in appello, ma intanto la corte d’assise ha emesso il suo verdetto a nemmeno tre anni e mezzo dalla tragedia. Di più, francamente, era difficile fare.
Se invece da Torino ci spostiamo a Viareggio e alla catastrofe della Stazione, con le sue 32 croci, scopriamo che l’indagine è ancora in alto mare. Certo il disastro avvenne la sera del 29 giugno 2009, un anno e mezzo dopo Torino, ma la tabella di marcia dei magistrati toscani è molto lenta. E le previsioni per il futuro sono nere. «Siamo in scandaloso ritardo - tuona l’ingegner Massimo Bardazza, consulente di alcuni sopravvissuti -. L’indagine andrà avanti almeno per un altro anno, poi ci sarà il deposito degli atti, poi l’udienza preliminare, poi finalmente inizierà il processo». Pausa. Sospiro. «Temo - riprende Bardazza - che la sentenza arriverà nel 2014, se non nel 2015». A sei anni dalla terrificante esplosione provocata dal Gpl...
Quel che colpisce a Torino è la rapidità dell’indagine. Il 15 gennaio 2009, a tredici mesi dai fatti, si apriva già il dibattimento. «La procura - spiega l’avvocato Cesare Zaccone, difensore del gruppo Thyssen - è partita in quinta contro i vertici del gruppo, disegnando da subito una strategia precisa». Strategia che un magistrato esperto come Raffaele Guariniello ha calibrato utilizzando due armi. La perizia, per ricostruire quella notte assassina, affidata a tecnici di altissimo livello, e una montagna di interrogatori. «Paradossalmente - nota l’avocato Ezio Audisio, difensore di Espenhahn - il processo, che ha occupato quasi cento udienze, è durato più dell’indagine perché abbiamo dovuto recuperare quel che non si era fatto nella fase precedente. Abbiamo ascoltato in aula molte persone, abbiamo svolto una complessa attività istruttoria». In un modo nell’altro, con tutti i se e i ma, la giustizia è stata tempestiva. E a Viareggio?
«Dopo due anni - risponde Bardazza - non abbiamo ancora capito cose successe». Addirittura? «Ci fu prima la rottura del pezzo incriminato - riprende l’ingegnere - o ci fu prima il deragliamento? È stata disposta una perizia che avverrà con le modalità dell’incidente probatorio. Questa attività doveva essere svolta subito, si doveva congelare l’area immediatamente, impedire anche ai tecnici delle Ferrovie di intervenire, si dovevano coinvolgere in prima battuta tutti i possibili soggetti, vertici compresi, per non essere costretti a chiamarli in causa dopo, con il rischio di dover rallentare o ripetere atti d’indagine». L’inchiesta è in ritardo, la perizia arriverà due anni e passa dopo, i tempi si allungheranno.
«Guardi che a Linate, con 118 morti sulla pista quella maledetta mattina dell'8 ottobre 2001, noi tecnici - riprende Bardazza - fummo convocati a razzo dalla Procura di Milano e nel giro di due, tre mesi consegnammo la ricostruzione dello scontro fra i due aerei. Ricostruzione che le assicuro, non era affatto semplice». A luglio 2004 però il processo era a sentenza. Se possibile ancora più rapido di quello per la Thyssen. E anche il dibattimento bis si chiuse in fretta, nel marzo 2005. Giustizia a due velocità?
«La Procura di Lucca sta facendo il massimo - replica Marco Massara, il legale che tutela alcune imprese danneggiate o distrutte nell’incendio della Stazione -, stiamo inseguendo responsabilità che ci portano a spasso per l’Europa, con rogatorie defatiganti che portano via mesi su mesi. I pm di Lucca hanno compreso subito l’eccezionalità di un evento senza precedenti e hanno creato una robusta task force dedicata a questa sciagura». Qualcosa però non ha funzionato per il verso giusto, il meccanismo si è inceppato e il rischio di impantanarsi ancor prima di arrivare al processo è alto.


Le opposizioni hanno sventolato il rogo di Viareggio per attaccare frontalmente la legge sul processo breve, appena approvata alla Camera. In realtà, la prescrizione è remota. E più che il processo breve si dovrebbe criticare il processo lontano. Il processo che non c’è.

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