Le toghe d’assalto specialiste in flop si ritrovano al party sotto il Vesuvio

Roma Solo qualche anno fa, dell’allora sostituto procuratore Luigi De Magistris si parlava come del «Woodcock di Catanzaro». L’originale stava a Cosenza, si diceva, ma poco lontano l’imitatore acquistava in notorietà con inchieste altrettanto spettacolari.
Tutti e due «pm d’assalto», a caccia di potenti da mettere sotto accusa, intercettare, portare sotto i riflettori. Sempre con grande clamore, salvo poi vedere i casi finire con proscioglimenti, archiviazioni e assoluzioni, anni dopo e con molta meno pubblicità.
Napoletani tutt’e due e legati da amicizia personale oltre che da collaborazione professionale, De Magistris e Henry John Woodcock si ritrovano due anni fa negli uffici giudiziari sotto il Vesuvio. Sono ambedue «star in toga», ma il primo fa presto il salto in politica con l’Italia dei valori.
Ora che è esplosa la bomba P4 l’attuale sindaco partenopeo ci tiene a far sapere che un filo lo lega all’ex collega, così come quest’inchiesta si lega alla sua controversa «Why not». Un filo che si chiama Luigi Bisignani. E non solo.
«Quando ho sentito degli sviluppi delle indagini - dice De Magistris - sono saltato dalla sedia perché professionalmente ho vissuto questa inchiesta. Nel 2007 feci una perquisizione a Bisignani, pochi giorni dopo l’allora ministro della Giustizia Clemente Mastella accelerò la procedura ispettiva, condotta da magistrati che sono nell’inchiesta P4. Nel giro di pochissimi giorni fu chiesto il trasferimento d’ufficio e in altrettanti pochissimi giorni fui trasferito». De Magistris aggiunge che «l’inchiesta coinvolge personaggi che già negli anni scorsi, compreso l’onorevole Papa, hanno lavorato per cercare di ostacolarmi».
Nemici comuni, dunque, hanno Luigi ed Henry John. E il secondo ora concede una rivincita all’amico.
Nel capoluogo partenopeo, in effetti, De Magistris è arrivato lasciando i panni del pm e vestendo quelli del giudice per ordine del Csm, dopo che la sezione disciplinare lo ha condannato nel 2008 per l’irregolare conduzione delle inchieste «Why Not», «Toghe lucane» e «Poseidone» su presunte lobby politico-affaristiche, in cui è stato indagato anche Mastella. Via da Catanzaro e non più nelle funzioni di pm, ha deciso Palazzo de’ Marescialli.
Il «pm inglese dall’accento napoletano», invece, è sbarcato nel 2009 nel pool Mani pulite della Procura di Napoli, lasciandosi alle spalle 10 anni di inchieste vip in Basilicata, dalle tangenti Inail al Savoiagate fino a Vallettopoli.
E le indagini delle due star in toga si sono spesso intrecciate, come nel caso di quest’ultima che sta facendo tremare il Palazzo della politica.
D’altronde, anche il neoassessore alla sicurezza della giunta De Magistris, Giuseppe Narducci, è approdato ad una carica politica tra mille polemiche dopo essersi fatto un nome in Procura. È stato il pm titolare di numerose inchieste di primo piano, dallo scandalo Calciopoli al processo sulle presunte collusioni con il clan dei casalesi da parte del coordinatore campano del Pdl Nicola Cosentino. E ora, ottenuta l’aspettativa dal Csm, diventa assessore nello stesso territorio dove ha svolto le sue funzioni di magistrato requirente, alla faccia del codice deontologico.

Anche tra gli ex colleghi il malumore è alle stelle: si dice che a certi magistrati, soprattutto se appoggiati dalle correnti di sinistra, tutto è permesso. Ma per De Magistris le commistioni tra politica e giustizia non sono certo un problema.

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