Roma«Finché non arrivate a raccogliere il numero di firme che avevate come obiettivo non fatevi più vedere alla Camera...». Con i suoi deputati Antonio Di Pietro è stato piuttosto chiaro e il tono, racconta uno di quelli che sè beccato la ramanzina, non era proprio dei più amichevoli. Qualche settimana fa, infatti, il leader dellItalia dei valori sè messo a far di conto e ha scoperto che la raccolta di firme per il tanto sbandierato referendum contro il Lodo Alfano non sta riscuotendo il successo atteso. Almeno a dar retta alla tabella di marcia nelle mani dellex pm che prevede scrupolosamente un target di firme per ogni regione con lobiettivo finale di raggiungere quota 500mila.
Così, Di Pietro ha deciso di precettare il gruppo parlamentare della Camera e da circa quindici giorni incrociare un deputato dellIdv a Montecitorio è diventato pressoché impossibile. Su 28 parlamentari, per dirne una, ieri erano in quattro o forse cinque. Tra cui, immancabile, Gabriele Cimadoro, cognato di Di Pietro con lhobby del sigaro, tanto da avere il vezzo non solo di spipacchiarlo ma persino di accenderlo in pieno Transatlantico. Con buona pace non solo di Sirchia, ma pure dei colleghi deputati. Tutti gli altri, invece, a battere il territorio, alla faccia dei lavori parlamentari, del ruolo dellopposizione a garanzia della democrazia e pure - fa notare pignolo uno dei precettati - della diaria giornaliera. Che a far due conti non è proprio una quisquilia, visto che ai 4.003,11 euro di indennità mensile vengono detratti 206,58 euro per ogni giorno di assenza alle votazioni.
Il punto, però, è che il tempo stringe davvero. Perché la raccolta delle firme per il referendum contro il Lodo Alfano inaugurata lo scorso 11 ottobre in quel di Piazza Navona dovrà essere chiusa entro l8 gennaio, giorno in cui lIdv le depositerà in Cassazione. Insomma, poco più di venti giorni allalba con in mezzo le vacanze di Natale e un tempo da lupi che certo non aiuta i banchetti referendari sparsi per lItalia. E pensare che bastava dare unocchiata in casa radicale - che loro di certe cose sono esperti - per sapere che il periodo migliore per raccoglier firme è quello primaverile o magari lestate, quando le spiaggie sono un ottimo terreno di conquista. Così, a questo punto è legittima la preoccupazione dellex pm di arrivare all8 gennaio sul filo della fatidica soglia delle 500mila firme, anche perché con i quesiti di Beppe Grillo la Cassazione è stata inflessibile. E il fatto che proprio ieri a Potenza sia spuntato tra i sottoscrittori del quesito contro il Lodo un uomo deceduto da anni non deve aver affatto tranquillizzato Di Pietro. Che tutto vuole fuorché perdere loccasione di essere il mattatore dellantiberlusconismo quando nel 2010 si dovrebbe tenere il referendum.
Eppure, Di Pietro continua a ostentare pubblicamente una certa sicurezza, al punto che un mese fa già dava per raggiunto il tetto del milione di firme. Con tanto di rilancio: «Voglio arrivare a due milioni». E dunque, o lex pm lha sparata giù un po grossa - e in verità le firme languono - o il fatto che abbia precettato i suoi deputati è ancora più surreale.
In epoca di cesarismo, però, ci sta anche questo. Soprattutto se andando a spulciare i tabulati si scopre che in questa legislatura Di Pietro è uno dei deputati più assenti. Insomma, al di là delle dichiarazioni di principio - fu lex pm, per esempio, a criticare duramente Berlusconi reo di aver snobbato il Parlamento visto che a riferire sulla crisi si presentò Tremonti - anche il leader dellItalia dei valori non pare curarsi troppo delle istituzioni. Fatto ancor più grave viste le sue preoccupazioni di una ormai prossima deriva autoritaria del centrodestra.
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