Cultura e Spettacoli

A Torino c’è un killer dei bancari

da Roma

«Astra inclitant non necessitant». E cioè: gli astri predispongono il nostro cammino, ma non lo determinano. «In questa massima sta il senso profondo della nostra fiction. È infatti ammissibile che attorno a noi possano esistere forze invisibili, che influenzano l'agire delle persone e lo svolgersi degli eventi. Ma poi sta a noi scegliere fra Bene e Male». Questo il senso che Eros Puglielli rintraccia nel «thriller parapsicologico» da lui diretto: Zodiaco, in onda per quattro puntate da mercoledì in prima serata su Raidue. «È la storia di un serial killer che, nella Torino-bene, prende di mira una famiglia di bancari, eliminandone i componenti e lasciando sempre sul luogo del delitto, assieme ad alcune "centurie" tratte dalle predizioni di Nostradamus, un simbolo dello Zodiaco». La miniserie - con Antonia Liskova e Massimo Poggio, e prodotta da Raifiction assieme alla Casanova di Luca Barbareschi - punta insomma a un genere, quello misterico e magico, poco frequentato dalla nostra tv. Ma che viene seguito con interesse da un buon numero di appassionati.
«Il fascino di questa storia sta nel senso di paura che aleggia attorno ai suoi personaggi - considera il regista -. La paura di ciò che potremmo trovare dentro di noi, prima ancora che fuori. Di ciò che siamo realmente, insomma. Questa paura ci allontana da noi stessi: ci spinge a cercare aiuto all'esterno piuttosto che a vedere chiaro nella nostra identità. E così ci rende molto più soli, molto più fragili». Immersa in atmosfere tenebrose e inquietanti, la trama prende il via dal momento in cui Ester (la Liskova) torna a Torino chiamata dal ricco padre, un banchiere che ha deciso di riconoscerla pur avendola avuta fuori dal matrimonio, da quando ha ricevuto uno strano ultimatum da un misterioso individuo che si firma Zodiaco. In più Ester ha avuto nella sua adolescenza delle strane visioni, di cui non ha mai saputo spiegare l'origine, e che ora, puntualmente, si ripresentano ad ingarbugliare ancor più la faccenda. «Infine la ragazza si rende conto ben presto che, attorno a lei, nessuno è quello che sembra. C'è così un poliziotto che ha paura degli errori e, per scarsa autostima tralascia intuizioni che si rivelerebbero invece esatte. C'è un padre che ha paura di guardarsi dentro, perché teme di sprofondare nel baratro della propria coscienza. C'è un killer che ha paura di quel che è capace di fare, e quasi per liberarsene lo fa».
E c'è la protagonista stessa, che non riesce a vivere serenamente perché ha paura del proprio passato. «Così in Zodiaco va a finire che la domanda che insegue Ester per tutta la storia, e che con lei insegue gli spettatori, non è quella classica di tutti i thriller: "Chi sarà veramente l'assassino".

Ma piuttosto "Chi sono veramente io?"».

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