Torino - Unico assente il primatista stagionale dell’invito, Francesco Totti. Per il resto pomeriggio pieno di vaffa, V2 (sigla di cattiva memoria) di Beppe Grillo e il suo popolo, Torino, piazza San Carlo, esaurita in ogni ordine di posto, portico, panchina, lampione, gente di ogni tipo, neonati, anziani, ragazze, giovanotti, borghesi piccoli e grandi, vigili urbani e del fuoco, carabinieri, medici travestiti da Doctor House, ci sono malori e svenimenti, gelati e palloncini, bonghi, odore di frittelle, bandiere No Tav, niente rosso falce e martello, 25 aprile, festa della liberazione dal comunismo (rifondato o arcobaleno), dopo il nazifascismo. Proibito dirlo, meglio andare sul sicuro e scontato.
Grillo si fa aspettare una quarantina di minuti, i 50mila lo invocano, voci da lontano, onda che si alza, Beppe, Beppe, Beppe, un signore, con capello d’argento e cappotto chiaro, storce la bocca: «Asmìa duce duce», dal piemunteis «Sembra duce duce». Prima di Benito Grillo, vanno in onda sul maxischermo, direi maxischerno, le immagini dei vaffanculandi, accolti da fischi, insulti e repertorio affine. Per la libertà di informazione che ispira il pomeriggio rosso, dopo la notte bianca ci voleva, Berlusconi e tutti i suoi sodali o similari vengono fischiati a prescindere, così Mike Buongiorno, Giuliano Ferrara, Clemente Mastella, Emilio Fede, Maurizio Gasparri, ma ci sono anche gli applausi commossi, di circostanza, per il grande disoccupato Enzo Biagi e per Indro Montanelli che conta più fedeli e servitori oggi da defunto di quanti ne avesse da vivo al tempo del Corrierone e del Giornale Nuovo.
Cantanti sul palco, rapper di casa nostra allineati e scoperti, Tommazo Zanella che si fa chiamare Piotta, le Radici nel cemento, Leo Pari, Caparezza e una band, la Blau grana, che apre le danze con una raffinata melodia: «Violentami, violentami, senza dire una parola, quando fuori piove... ». C’è il sole, per fortuna degli astanti. Il capobanda invita la folla a salutare con un applauso i partigiani raccolti in piazza Castello: «Loro ci hanno permesso di stare qui oggi, noi siamo i nuovi partigiani». Dall’anno Quarantacinque ad Anno zero. C’è un dettaglio non chiarito: i partigiani rischiavano la vita, i contemporanei se la cavano con una querela, un vaffanculo e un attimo di pubblicità, restate con noi.
«Italiani!», appare finalmente il grande comico, non c’è Starace al suo fianco, Grillo vorrebbe un balcone, intanto riempie le piazze e ha un blog che gli garantisce il benessere. Tre quarti d’ora di comizio già sentito, già visto, già intercettato, Morfeo Napolitano presidente dei partiti e non degli italiani («abbiamo un presidente che dorme»), Topo Gigio Veltroni, Globulo Fassino e la sua signora Serafini «per i cui stipendi da parlamentari abbiamo già versato dodici milioni di euro!», Platinette Ferrara «ho solidarizzato con l’uovo che si è spiaccicato su quel container di sostanze tossiche», quindi «la Sottospecie umana e cagnolino» Riotta, per Berlusconi il dizionario è più vario: Testa d’Asfalto, ologramma, salma riesumata, i pod nano, entra in lista anche il sindaco Chiamparino, colpevole di non aver condiviso la manifestazione sulla libertà di informazione: «È chiaro, se ci fosse la libertà di informazione si saprebbe il livello intellettuale del sindaco», poi parole dolci per Franzo Grande Stevens che «ha saccheggiato la Fiat».
Prevista e prevedibile l’enunciazione dei condannati eletti in parlamento, cognome, nome, partito, reato, ogni onorevole accompagnato dal vaffa della piazza, idem per l’elenco dei giornali che ricevono sovvenzioni statali, applausi e ringraziamenti alle televisioni libere presenti, tv australiana, Bbc, Al Jazeera, uppercut alla Rai che ha piazzato, parole di Benito Grillo, un trasmettitore pirata per rubare e rilanciare il segnale della manifestazione. Poi, avanti gli ospiti, assenti sul palco, presenti nell’etere libero, Luigi de Magistris ha dueggiato con Grillo, dicendo pure lui che i giornalisti sono servi e servitori e anche i magistrati, la Clementina Forleo ha aggiunto la propria adesione, e poi il molleggiato. Massì, Adriano Celentano, ormai dove c’è un’occasione per la propaganda del cd, San Siro, via Gluck, piazza San Carlo, Raiuno, eccolo, l’amico dei petrolieri (Moratti, o no?) «ma anche» di Veltroni e dei verdi, e di Grillo: «La situazione politica non è buona. Le tasse non verranno diminuite ma azzerate, le pagheremo direttamente agli editori dei giornali. Ciao Beppe». Fine del videoclip irresistibile. Il cabarettista Balasso ha attaccato la Padania: «Se all’edicola fate un rutto vi danno l’inserto culturale di quel giornale».
Si ride, si passeggia, si palpa, si fa la coda per le firme referendarie che sono simboliche (per termini di legge) «ma non potranno buttare via due milioni e mezzo di italiani usciti di casa per firmare. E le ultime elezioni sono state irregolari. Non vi hanno ancora detto quante sono state le schede nulle e le bianche. Ve lo dico io: 15 milioni di italiani o si sono rifiutati di votare o non hanno votato per le coalizioni che si sono presentate. Quindici milioooni!». Strano.
A contare anche il pubblico di piazza San Carlo, di Bologna, di altri quattrocento e passa siti votati a Grillo la domanda sorge spontanea: ma il 13 e 14 aprile il resto degli italiani da chi era formato? Anche la risposta verrebbe spontanea, in linea con lo slogan di giornata. Al prossimo V day. Dopo l’8 settembre e il 25 aprile, si potrebbe provare con il 15 di agosto, il 2 di novembre, l’8 dicembre e il 25 dicembre. Ai posteri l’ardua sentenza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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