Il Toro ucciso da una Signora operaia

Prima il Real poi il derby della Mole. Ancora decisivo Amauri. E ora i bianconeri tornano a respirare. Vince la noia: primo tempo in mano agli uomini di Ranieri, timida reazione granata dopo il gol del brasiliano a inizio ripresa

Il Toro ucciso da una Signora operaia

nostro inviato a Torino

Per conoscere veramente cosa vuol dire un derby a Torino bisogna recarsi sul posto. E nello specifico la scoperta è clamorosa, perché anche se voi non avete presente le facce dei nostri Marcello Chirico e Felice Manti, ma comunque avete letto quello che hanno scritto qui sopra, entrando all'Olimpico scoprireste che lì come quei due ce ne sono migliaia e si assomigliano tutti. E basterebbe mettere Maria De Filippi come arbitro per completare il cast.
Insomma signori, ecco Juventus-Torino versione numero 181. Non è come Amici (quello, per carità, mai) ma quasi: l'una senza l'altro non avrebbe senso. E il fatto che ieri sera sia finita 1-0 grazie all'unico spunto di Amauri non cambia il risultato, perché Juve-Toro è, sarà e continuerà ad essere per sempre l'eterna lotta tra la nobiltà perennemente offesa del dopo Calciopoli e lo struggente interrogativo sul perché sotto le macerie di Superga sia rimasta intatta una simile sfiga. E dico questo sapendo di rischiare davanti a un direttore che voleva contrapporre alla dizione «gobbo» quella «cuore Toro» nella sfida dialettica degli ultrà di cui sopra. Ma è la verità.
Dunque: stadio pieno ma con qualche sedile in vana attesa, discomusic a palla, quelli nobili a cantare e a sfogare il loro senso di superiorità a suon di fischi, gli altri pronti a ricordare che il mondo a volte va alla rovescia. E cioè che se si può vincere un derby rimontando uno svantaggio di due gol (sono passati 25 anni ma se lo ricorda anche chi non era ancora nato) finché la palla rotola non si può mai dire. Anche quando la classifica parla in favore dei bianconeri.
Fa notizia che il Toro si ripresenti in formazione tutta italica e che Marchionni scenda in campo tra gli zebrati al posto del pronosticato Salihamidzic: non è moltissimo, direte voi, ma il convento della vigilia passa questo. Per il resto, la situazione è da freezer: le curve dei loggionisti fanno sì il loro instancabile lavoro, però il resto dello stadio s'assiede come se fosse in teatro e non proferisce quasi verbo. Anche perché - seppur nel primo tempo la lista delle (parola grossa) occasioni sia tutta colorata di bianconero - la pausa dopo 47 minuti di inutile mulinare di gambe serve a ridestare il pubblico pagante dagli sbadigli. Uniche eccezioni alla noia: il doppio intervento di Calderoni (21') su Marchionni, una punizione di Del Piero (28') grande solo nell'attesa e una fuoriuscita senza senso di Manninger che Rolando Bianchi non riesce a trasformare in rete perché perfino il suo pallonetto nel frattempo sbadigliava.
A prima vista insomma il derby visto da vicino era tutto lì, un copione assolutamente perfetto di inutile supremazia juventina con il Torino sempre pronto a risfoderare la storiella del pallone che rotola, ma senza troppa convinzione. Poi però arriva il secondo tempo e la Juve, senza neppure fare fatica, si trova in vantaggio. Capita che Rosina perda un pallone per un dribbling di troppo, che Diana veda Amauri partire e si fermi ammirato, che Calderoni torni a fare il portiere normale su un tiro neanche irresistibile: 1-0 e perfino la platea degli assopiti ha un minimo sussulto. A questo punto sarebbe il momento del cuore Toro (vero direttore?) ma neanche l'ingresso di Abbruscato e Amoruso in attacco ridesta i granata dall'infallibile mediocrità a cui De Biasi li ha relegati. La Juve giochicchia con comodo, entra pure Giovinco (ovazione!), il Toro si applica nel completare la partita perfetta: 90 minuti più recupero senza fare un'azione e con 4 attaccanti in campo da 1 e mezzo che erano all'inizio.


Cosi, facendo i conti alla fine, ci si trova a celebrare i 3 punti che rilanciano la Juve giusto per inerzia e a preoccuparsi per un Torino ormai in piena zona B. E le scene di giubilo degli juventini sotto la curva di riferimento - neanche avessero vinto una Champions - fanno finalmente capire che cos'è un derby a Torino: una questione tutta loro.

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