Torri, metrò, strade: 7 anni per cambiare la città

(...) sulla base di un piano grandioso quanto accattivante per il rilancio della città:
UN PIANO VINCENTE
Un progetto contenuto in un dossier di 1.200 pagine, che non solo ha influenzato a nostro favore i delegati del Bureau, ma è anche servito a mobilitare le forze politiche, economiche e sociali, nazionali e meneghine, a sostegno del progetto. Questo prevede, tra molte altre cose, la costruzione di una torre di 200 metri che potrebbe diventare il nuovo simbolo della città; la Via d'Acqua e la Via di Terra, due itinerari di 20 chilometri immersi nel verde che collegheranno il nucleo urbano alla nuova area Expo; un quartiere espositivo altamente ecologico, alimentato da fonti rinnovabili e vietato alle auto classiche; una Città del gusto e della salute abbinata a una Borsa agro-alimentare telematica che sarà di grande giovamento a tutta l'importante industria agroalimentare italiana, Sud compreso. Ma, soprattutto, l’Expo dovrebbe servire da volano per una serie di opere pubbliche attese da anni, ma bloccate da problemi finanziari e burocratici: le due nuove linee della metropolitana e il prolungamento di quelle esistenti, la Bre-be-mi, la Pedemontana, le tangenziali esterne, i grandi progetti urbanistici come la cittadella Garibaldi-Repubblica, i tre grattacieli sul terreno della vecchia fiera, la cittadella tecnologica della Bovisa. A posteriori, aggiungeremmo alla lista il rilancio di Malpensa come grande aeroporto intercontinentale, attraverso la collaborazione con nuove compagnie aeree attratte dalla prospettiva di 29 milioni di visitatori. Insomma, un libro dei sogni che ora, nel giro di soli sette anni, dovrebbe avverarsi. Sempre che, naturalmente, la città sappia sfruttare questa straordinaria occasione, come lo hanno fatto in passato le altre grandi città che hanno ospitato questa manifestazione, da Bruxelles a Osaka, da Seattle a Siviglia a Shanghai. E, se vogliamo, come ha fatto Torino in occasione delle ultime Olimpiadi invernali.
I PERICOLI IN AGGUATO
Poiché la vittoria ha sempre molti padri, vivremo adesso una fase di grande euforia, in cui si magnificherà il buon funzionamento del sistema-Paese, il flusso di danaro necessario sembrerà a portata di mano e tutti si faranno avanti per collaborare alla realizzazione dei progetti (naturalmente, nella legittima speranza di guadagnarci). Ma - l’Italia essendo l’Italia - i pericoli sono in agguato. Se non vogliamo rischiare che i soliti ritardi burocratici, magari con l'aiutino di qualche sentenza del TAR, compromettano il grande sogno, se non vogliamo che le solite polemiche politiche interferiscano con i lavori, dobbiamo trasferire lo spirito unitario manifestatosi negli ultimi mesi a tutto il periodo che ci separa dall’Expo. Dopo avere vinto il primo round, Letizia Moratti deve farsi assegnare poteri commissariali che le permettano di prendere le necessarie decisioni in maniera tempestiva e nello stesso tempo la mettano al riparo dai colpi bassi. Anche per questo, ci si può rifare all’operato di Torino, che ha gestito la vicenda olimpica con competenza e generale soddisfazione.
Il fatto che la campagna per Milano sia stata bipartisan offre una certa garanzia, nel senso che le principali forze politiche sembrano unanimi nel considerare questa Expo un’occasione per dimostrare al mondo che l’Italia non è in declino verticale come la descrivono tanti media e ha ancora le energie per offrire al resto del mondo un evento di eccellenza.


A NOI IL GRANDE IMPEGNO
Sarà naturalmente Milano a dover compiere lo sforzo maggiore, ma tutto il Paese, dalle Università alle imprese, dal governo centrale alle altre regioni, dovrà offrire la sua collaborazione. In un certo senso, l’Expo 2015 servirà da cartina al tornasole per scoprire se un'Italia con la I maiuscola esiste ancora.

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