Vittorio Mathieu
Le trattative (o la mancanza di trattative) seguite al rapimento di Torsello ci fanno capire molte cose sulla psicologia degli studenti di teologia islamica detti «talebani» e sulla mentalità dei fondamentalisti islamici in generale. La verità dei fatti, è ovvio, non la conosco, ma ciò che apprendo sulle richieste dei rapitori è significativo.
Sulla prima richiesta - sacrificare un «apostata» - ha detto ciò che andava detto Massimo Introvigne; sulla seconda, altrettanto assurda, cè ancora molto da dire. Qualcuno ha congetturato che i rapitori chiedessero limpossibile per alzare il prezzo del riscatto; ma chiedere limpossibile non serve a far alzare il prezzo, serve solo a non far cominciare neppure le trattative. E, infatti, su il Giornale di sabato 21 Mario Giordano ha notato che per Torsello si è fatto ben poco: ma come si sarebbe potuto trattare su quella base? Si poteva forse dire: «No, non ritiriamo tutte le truppe dallAfghanistan, ma solo due terzi?».
Anche i talebani, o chi li segue, si rendono conto che neppure i più calabrache tra gli europei avrebbero potuto discutere quelle richieste. Ma le richieste erano volutamente inammissibili: non miravano ad ottenere qualcosa, ma a fornire una testimonianza. Con il proprio comportamento lislamico non si propone il possibile perché la differenza tra possibile e impossibile non fa parte del suo modo di pensare. Tutto ciò che avviene lo fa Dio, anche se apparentemente per mezzo degli uomini, e per Dio limpossibile non esiste.
Non sarebbe quindi «contro natura» che gli occidentali accettassero di sacrificare un innocente per salvarne un altro, perché la natura non ha leggi proprie: è solo una certa regolarità dei voleri di Allah, il quale non è punto tenuto a rispettarla; e, infatti, molte volte non la rispetta. Se lItalia ritirasse le truppe per riscattare Torsello, sarebbe la migliore dimostrazione che «Dio è grande». Il Corano, infatti, è pieno di vittorie impensabili dei fedeli contro gli infedeli. E, in seguito, il fatto che lIslam abbia conquistato il «Medio Oriente», dalla Spagna allIndia, ha contribuito non poco a diffondere la fede islamica. Ma supponiamo che Allah non compia quello che noi chiameremmo «il miracolo», che Torsello muoia prigioniero e che gli infedeli restino in Afghanistan: rimarrà egualmente la testimonianza di fede dei suoi rapitori, che hanno chiesto ciò che agli infedeli sembra impossibile, sapendo che la parola «impossibile», applicata ad Allah, è blasfema.
Papa Ratzinger ha spiegato benissimo che quello che noi chiamiamo «ragione» per lislamico è superstizione. Di qui i limiti del preteso «dialogo», perché il dialogare presuppone la fiducia in un logos comune. Mettere in luce direttamente il fondamento comune, per desumere il comportamento da tenere, è possibile solo in qualche caso, sotto condizioni che costituiscono la «scienza»; ma un criterio comune per discutere è necessario, e questo criterio è «la ragione».
Logos è una parola dai molti sensi: significa discorso, ragione, numero, rapporto eccetera. Il logos per eccellenza, per il cristianesimo, è trascendente e divino e come tale non può essere squadernato davanti a noi neppure dalla Rivelazione; ma, al tempo stesso, è il fondamento per accordarsi anche con chi non crede ma cerca, senza la pretesa di possedere il logos in proprio. Per il musulmano la Parola è qualcosa di diverso: è la parola coranica, che va presa «alla lettera» e non ha bisogno di essere interpretata. Discuterla equivale a tradirla.
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