Flavio Tosi, siamo al «Trinacria nazione tutto il resto settentrione».
«Ha visto che coraggio Raffaele Lombardo?».
Voi leghisti avete creato un mostro.
«Potrebbe essere uno dei nostri, sì».
Mostro, non nostro.
«Guardi che l’orgoglio dei popoli è sempre una molla positiva».
Sì ma il governatore della Sicilia parla di secessione, e riscrive la storia che pare l’Umberto Bossi dei tempi d’oro.
«E quale sarebbe la storia, scusi? I Savoia che arrivano al Sud con i mazzi di fiori fra la folla festante?».
Beh, ma nemmeno che i garibaldini vinsero grazie ai mafiosi...
«Fu una guerra di conquista, i Savoia non avevano certo ideali identitari. Tant’è vero che D’Azeglio disse: “Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”».
Li abbiamo fatti gli italiani?
«Certo, l’Italia è un popolo e tale deve restare».
Perfetto, ora Lombardo parla da secessionista e lei da centralista.
«Io mi sento veronese, veneto e italiano».
Il suo Comune, Verona, pagherà pure le celebrazioni per i 150 anni dall’Unità.
«È inutile stare a recriminare. Magari Garibaldi poteva stare a casa, ma non c’è stato e i Savoia hanno pagato la sua spedizione. E ora eccoci qui, l’Italia esiste».
La cacceranno dal Carroccio.
«Guardi che il problema non è l’identità, ma lo Stato centrale che non funziona».
Lombardo dice: mandateci al diavolo e ve la faremo vedere.
«Finalmente. Se il popolo siciliano riscopre l’orgoglio delle proprie radici, le cose inizieranno a funzionare meglio».
Il polentone alleato del terrone.
«Veneti e siciliani hanno gli stesso obiettivi: onestà ed efficienza».
Ma che c’entra l’identità con il buon governo?
«Un popolo fiero si impegna di più a far funzionare le cose, pensi a come reagì il Friuli al terremoto, senza aspettare l’intervento dello Stato. E si ribella alle logiche clientelari e di malaffare».
Sì, poi si torna sulla terra e c’è un problema di risorse.
«Insisto, è innanzi tutto un problema di identità. Molte aree del Sud sono state rese dipendenti dalla politica affinché fossero succubi elettoralmente».
Lombardo vi sfida. Dice: dateci i 10 miliardi di tasse della raffinazione del petrolio e ci arrangiamo.
«Lo aspettiamo alla prova dei fatti. Vedremo se farà davvero la rivoluzione o se farà come nel Gattopardo, cambiare tutto per non cambiare nulla».
È pur sempre siculo, vatti a fidare.
«Più che altro ha di fronte due ostacoli enormi. L’impopolarità, perché è più facile assumere all’infinito e sperperare soldi pubblici che decidere il blocco delle assunzioni. E la mafia, che lo contrasterà».
Ha messo un magistrato antimafia alla Sanità.
«Gli diamo fiducia. Se riesce, bisognerà fargli un monumento a Palermo».
Magari prima gli si può dare una mano?
«Se il suo impegno è reale, lo Stato dovrà essere al suo fianco».
E la Lega?
«Per noi gente del Nord è deprecabile che i nostri soldi siano stati bruciati da anni...».
Non vale, la domanda era un’altra.
«Siamo distanti dalla Sicilia, cosa dovremmo fare?».
Sbarcare laggiù, per dire.
«Servirebbe una classe dirigente nuova, sganciata dalle vecchie logiche».
Cercatela.
«C’è un rischio troppo grande, ed è che la mafia, che ha una capacità di penetrazione enorme, si infiltri anche nella Lega. Questo ci si ritorcerebbe contro. E poi c’è l’MpA, no? È come se ci fossimo noi».
Farete il tifo da sopra al Po.
«Se Lombardo vuole spezzare le logiche clientelari e ottenere il federalismo, sarà il nostro miglior alleato».
È la profezia Miglio, la tenaglia Nord-Sud che disgrega lo stato centralista?
«Esatto. Ma il processo è lungo e non vedo altri movimenti autonomisti al Sud».
Borghezio ha chiamato alle armi i pastori sardi.
«Diciamo che per ora vedo più facile un "partito degli onesti", trasversale. Dal centrosinistra mi aspetto sostegno al federalismo».
Mentre lei aspetta, il Pd attacca Lombardo.
«Una parte della politica, con i famosi poteri forti, non vuole il cambiamento».
Però avete l’appoggio di Giorgio Napolitano.
«Al Vinitaly sollecitò uno scatto di orgoglio del Sud».
Troppo prosecco?
«La consapevolezza che il federalismo rafforza l’unità».
Vabbè, tanto non lo fate il federalismo, non ci sono i soldi.
«Questo governo ha l’obbligo di farlo. Nonostante Fini, che lavora a logorarci».
Ma questa è un’altra storia.
«Dice?».
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