Il tracollo dei "Millonarios" che si inchinarono al Torino

La più grande squadra argentina, il River Plate, è sprofondata per la prima volta in serie B. Nel 1949 giocò gratis in Italia per i parenti delle vittime di Superga. Dominò gli anni Quaranta con l'attacco delle meraviglie. Da Sivori a Di Stefano, da Cesarini a Passarella... quanti grandi in biancorosso

Il tracollo dei "Millonarios" che si inchinarono al Torino

Triste y solitario final. Il River Plate cade, centodieci anni dopo la propria na­scita. Il fiume d'argento scivola nella se­rie B, Buenos Aires e il barrio di Nunez hanno vissuto la loro notte di fuoco e di violenza. «Non siamo la metà più uno di questo Paese, il River è tutta l'Argentina meno qualcuno», così diceva Angel Amedeo Labruna, il più grande golea­dor della storia argentina, il numero 10 de La Maquina , la macchina, come era denominato il quintetto d'attacco del Ri­ver Munoz-Moreno-Pedernera-Labru­na- Loustau.

Questo era, è, il football, bailado, tanghista o no, questo era il River Plate, i «millonarios » non la leggenda ma la cronaca e la storia, non gli sponsor e le veline ma le gambe nude di artisti del dribbling, si diceva funamboli e lo stadio Monumental celebrava lo spettacolo, perché River era «ganar, gustar, golear », vincere, divertirsi, segnare. Una fetta della capitale, l'altra occupata dal Boca, el clasico di sempre, l'Argentina sulfurea e malinconica assieme, Alfredo Di Stefano qui cominciò, prima di emigrare in Colombia e poi in Spagna. La Saeta se ne andò per colpa di uno sciopero che bloccò il campionato, l'epoca di gloria porta la firma di Luis Artime e Renato Cesarini, di Enrique Omar Sivori al quale è intitolata una tribuna, quella che venne ricostruita grazie alla sua cessione, per dieci milioni di dollari, alla Juventus degli Agnelli. E Lorenzo, e Passarella, e Fillol con Luque, Diaz e Tarantini, Mario Kempes con Francescoli, Oscar Ruggeri, ne dimentico cento e mille, son o i salmoni del fiume d'argento, del club inventato da quattro amici genovesi, scelsero il bianco e il rosso, i colori della bandiera della Lanterna, al posto della croce di San Giorgio una banda diagonale, il simbolo di sempre, trentatré campionati vinti, due coppe Libertadores, una Intercontinentale e altri trofei sparsi in Sudamerica m a con una luce su tutte, su tutti.

Accadde il ventisei di maggio del Quarantanove, lo stadio era il Comunale di Torino. La federcalcio italiana volle rendere omaggio ai caduti di Superga, organizzò un' amichevole il cui incasso andò ai parenti delle vittime. Il River Plate accettò l'invito, non volle alcun rimborso spese, il quadrimotore atterrò in Italia con un carico di campioni, gli argentini schierarono Carrizo, Vaghi, Soria, Yacono, «Pipo» Rossi, Ramos, De Cicco, Coll, Di Stefano, Labruna, Lostau. Il Torinosimbolo, come venne chiamata la squadra allestita con i migliori «prestiti» del nostro calcio, scese i n campo con Sentimenti IV (Juventus), Manente (Juventus), Furiassi (Fiorentina), Annovazzi (Inter), Giovannini (Inter), Achilli (Inter), Nyers (Inter), Boniperti( Juventus), Nordahl (Milan), John Hansen (Juventus), Ferraris II (Novara). Poi entrarono Moro (Bari) per Sentimenti, Angeleri (Juve) per Achilli, Muccinelli (Juve) per Nyers, e Lorenzi (Inter) per Nordahl. L'arbitro si chiamava Scherz, uno svizzero. Trentuno bambini, il numero delle vittime della tragedia aerea sulla collina torinese, accompagnarono l'ingresso delle squadre in campo. Finì 2 a 2, andarono in gol Nyers, Labruna, Annovazzi e Di Stefano. Gli argentini decisero di indossare, come divisa di riserva, la maglia color granata, così come il Torino, e altre squadre italiane (Inter, Atalanta, Bologna), scelsero la divisa con la banda diagonale, tipica del River. A fine partita il presidente granata Novo consegnò una coppa al collega Vespucio Liberti che a metà degli anni Cinquanta, per una sola stagione, fece parte del comitato esecutivo del club granata, insieme con Colonna e Gay.

Questa non è una favola ma è l'album del River Plate, è il lungometraggio di un football che non esiste più. Non esiste il trionfo al Monumental, devastato dai delinquenti, sequestrato dalla magistratura, sede della finale della coppa America, i l ventiquattro luglio prossimo venturo, quas i una scoria d i quella tragica notte con settantuno morti dopo el clasico con il Boca, era il Sessantotto, un altro secolo, un altro River.

Oggi le caviglie nude di Lostau e di Enrique Omar Sivori, i baffetti di Labruna, stanno nelle figurine sgualcite, memorie di giochi infantili, il calcio non porta rispetto, corre senza guardare al passato, il River retrocede, per l a prima volta, triste e solitario. Verranno altri giorni per ganar , gustar , golear . Nessuno potrà cancellare questa storia.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica