Tradiva i giudici per salvare i boss: è uno 007 dei carabinieri

Reggio CalabriaQualcosa nell’aria i magistrati della Direzione distrettuale di Reggio Calabria avevano già intravisto. Troppe volte, quando si andava ad arrestare qualcuno o a sequestrare beni, come conti correnti o aziende, questi risultavano già privi di fondi o addirittura sull’orlo della bancarotta. La domanda era ricorrente: chi poteva sapere quando e su quali «mafiosi» stesse indagando la magistratura?
La risposta la si è avuta nelle ultime settimane. A Reggio Calabria ci sono delle talpe che apprendono notizie riservate e poi le girano ai mammasantissima che comandano le cosche reggine.
Ecco spiegato il perché il procuratore distrettuale antimafia della città della stretto Giuseppe Pignatone, è stato costretto nelle ultime settimane a emettere, vergandoli di suo pugno, dei decreti di fermo invece delle solite richieste di ordinanza cautelare in carcere all’ufficio Gip distrettuale. Insomma saltare qualche «passaggio» pur di mantenere il segreto. E riuscire a portare a termine delicate inchieste giudiziarie, senza la solita e continua fuga di notizie riservatissime, che avrebbero portato in fuga i boss al centro delle indagini.
Del resto era andata così (ovvero male) almeno nelle ultime tre occasioni: l’operazione «Parola d’onore», contro i clan di Condofuri; l’operazione «All Inside» contro il clan Pesce di Rosarno e, l’operazione «Reale” che colpisce i vertici dei clan Pelle di San Luca e Morabito di Africo. Fu in particolare questa ultima retata, portata a termine in tutta fretta e in gran segreto, a insospettire il procuratore Pignatone e i suoi magistrati. Nel motivare il ricorso ai fermi d’urgenza, saltando cioè la richiesta al gip di misure cautelari, nell’ordine d’arresto i magistrati della Dda reggina hanno dovuto inserire un intero capitolo dedicato, appunto, al «pericolo di fuga». «In proposito. scrivono i pm-, assolutamente significativa risulta una conversazione registrata nel pomeriggio del venti marzo 2010 all’interno dell’abitazione di Giuseppe Pelle, figlio di “Gambazza”, a cui partecipavano Pelle Giuseppe, Ficara Giovanni, Billari Costantino Carmelo e un uomo in corso di identificazione, giunto presso l’abitazione del Pelle in compagnia del Ficara e del Billari».
I magistrati reggini, per la verità, hanno la percezione che le talpe che agiscono per conto delle cosche siano tre.

Almeno, due comunque sarebbero vicine all’individuazione, mentre già certo è il profilo professionale di almeno uno degli informatori dei boss: sarebbe un sottufficiale dei carabinieri in servizio prima al Ros e successivamente all’ex Sisde. Ovvero i servizi segreti.

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