Tragedia e cabaret Così sopravvivono gli «angeli» moderni

Bruni e De Capitani mettono in scena all’Elfo di Milano «Angels in America», opera complessa e oggi un po’ sorpassata

Tragedia e cabaret Così sopravvivono gli «angeli» moderni

È superfluo precisare, dopo il gran polverone suscitato da vent’anni a questa parte dal copione di Tony Kusher, il deplorevole ritardo (fatto salvo uno sporadico tentativo) col quale arriva in Italia questo strano manufatto. Frutto di un lavoro di collage che manipola abilmente il linguaggio pop con la struttura del serial televisivo (ne è stato tratto un «long trailer» con Meryl Streep), Angels in America, che deve molto al cabaret ebraico anni Sessanta, è una dichiarata «fantasia» sulla tragica esplosione dell’Aids negli Stati Uniti dell’era Reagan.
Mescolando abilmente le vicende di una coppia omosessuale in crisi per colpa della spaventosa epidemia con le rivendicazioni sociali dei diversi messe tacitamente tra parentesi da ciò che si configura come una maledizione imposta dall’alto, il testo di Kusher ambisce allo status di opera d’arte assoluta. Sulla scorta dello slogan oltranzista di chi l’ha definita «la Divina Commedia di una società laica e tormentata come la nostra», la lunghissima pièce nata per provocare (e risolvere) le difficoltà di una connotazione sociale, finisce addirittura per tirare in ballo il destino degli Usa, il preoccupante silenzio di Dio e l’ipotesi di una prossima fine del mondo. In un coacervo barocco e delirante dove, più che la poesia, si affaccia perentoria la pietà, la prima parte dell’interminabile saga è stata allestita da De Capitani e Bruni, duo maschile consacrato della scena milanese, con l’ossequio che si tributa a un capolavoro il cui valore non tollera la minima eccezione.
Ne è derivato uno spettacolo composito, a suo modo di ammirevole coerenza, al di là di alcune sbavature che si potevano facilmente eliminare. Come la pretesa di mortificare Ida Marinelli in abito maschile e la massiccia predilezione al turpiloquio da parte di De Capitani che, in veste d’attore, si compiace in farseschi eccessi da caserma.

Mentre sulla scena scomponibile di Carlo Sala, fatta salva la penosa Harper di Elena Russo, si affacciano prepotenti e preponderanti il tormentato Jo di Christian Giammarini e l’ironico Prior di Edoardo Ribretto.

ANGELS IN AMERICA - di Tony Kusher Regia di Elio De Capitani e Ferdinando Bruni. Milano, Teatro dell'Elfo fino al 18 novembre.

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