Trasporti pubblici: una spina nel fianco della giunta Veltroni

«Un programma per le mobilità e i trasporti particolarmente articolato e complesso, da finalizzare nei prossimi quattro anni». Recita così il memorandum trasmesso dalla giunta al consiglio comunale lo scorso 15 dicembre. Un programma in cui si tracciano bilanci e si delineano gli obiettivi futuri, ma che secondo l’esponente di An e vicepresidente del consiglio comunale, Vincenzo Piso, sancisce anche il fallimento delle politiche delle amministrazioni Rutelli e Veltroni in materia di trasporto pubblico locale.
Nel documento si elencano i risultati conseguiti dalle giunte di centrosinistra: gli investimenti per monitorare il servizio (l’Avm); il gestore di trasporto di superficie scelto attraverso una gara per il 20 per cento dell’offerta (la Tevere tpl). Successi reali?
«Tutt’altro. In Italia si sta tentando di avviare la partita della privatizzazione dei servizi pubblici locali. Nel contesto romano quello del Tpl è stato una sorta di progetto pilota, partito alla fine degli anni ’90 con esiti non particolarmente soddisfacenti».
Perché?
«Perché quelle effettuate sono privatizzazioni fittizie dato che la flotta è ancora di proprietà comunale, tanto da caratterizzare questi gestori come semplici cooperative di lavoro. La vicenda dell’Avm (automatic vehicle monitoring, ndr) poi è addirittura paradossale: Atac e Trambus che conducono parallelamente due studi per la realizzazione del servizio. Atac che “vince” e appalta l’esecuzione alla Elsag che a sua volta ne subappalta la manutenzione a Trambus».
E per quanto riguarda gli altri due punti indicati, cioè l'introduzione dei contratti di servizio e i recenti processi di fusione (Atac e Sta)?
«Il primo non è certamente una novità. Il problema è che per come sono strutturati, gli attuali contratti vanno a totale discapito del gestore, che viene completamente escluso dall’amministrazione dei ricavi: a dicembre ad esempio Trambus - quindi con nove mesi di ritardo - doveva ancora ricevere da Atac i soldi per il servizio erogato nel 2006. Le fusioni invece sono la prova lampante del fallimento del cosiddetto “modello romano”, ideato alla fine degli ’90 e che ha avviato la stagione degli scorpori e delle divisioni strategiche delle funzioni: Atac per la pianificazione e la progettazione, Me.Tro e Trambus per la gestione del servizio».
Dove sarebbe quindi questa «prova lampante»?
«Nel fatto che ora si stia cercando di riaccorpare ciò che prima loro stessi avevano frazionato, ripensando la struttura e la mission di “agenzia-mostro” per dimensioni come Atac-Sta, e che dovranno necessariamente essere snelle e di alta qualità. Sono anni che noi sosteniamo l’esigenza di andare verso un’unica grande azienda di gestione del tpl per avere economie di scala e una conduzione snella ed efficiente. Il “modello romano” ha prodotto solo guasti e indebitamenti, come dimostra il prestito di 160 milioni di euro richiesto alla Cassa Depositi e Prestiti. Atac soprattutto si è ritrovata a gestire appalti senza averne né le prerogative né le competenze. Si pensi allo sciagurato affidamento della bigliettazione ad Erg e alle ingenti perdite economiche che ne sono derivate, o alle disastrose acquisizioni, a livello di esborso economico e resa, per il rinnovo della flotta: dai jumbo-bus ai nuovi treni Rm1 e Rm2».
All’orizzonte sembrano esserci tre novità: la famosa «agenzia leggera» per la pianificazione, il controllo e la gestione dei contratti di servizio; un soggetto per il controllo dell’intero patrimonio (anche di quello «strumentale»: immobili, depositi e materiale rotabile); la holding unica di gestione del servizio in cui confluiranno Trambus, Met.Ro e Tevere Tpl.
«In teoria potremmo essere davanti a un progetto condivisibile. Peccato che ci si arrivi dopo 15 anni di sciagure.

L’auspicio è che la proposta contenga una razionale distribuzione delle competenze per non ripetere gli errori commessi in passato. L’ideale sarebbe arrivare a un modello d’agenzia aperto anche alla Regione, cioè all’altro grande attore della mobilità locale».

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