Politica

Tremonti: "Il ddl Gentiloni non è una legge, è una schifezza"

L'ex ministro delle Finanze bacchetta il progetto di riforma della sinistra sul sistema televisivo. "Per legge non si determina il mercato. L'impatto negativo non sarebbe solo su Mediaset ma anche sulla Rai"

Tremonti: "Il ddl Gentiloni 
non è una legge, è una schifezza"

Roma - «Il ddl Gentiloni ha un orientamento finalistico e tendenziale, non è una legge, è una schifezza». Non usa mezzi termini il vicepresidente della Camera, Giulio Tremonti, per esprimere il suo dissenso alla riforma del sistema tv messa a punto dal ministro delle Comunicazioni. Un provvedimento che, al di là dell'attacco a Silvio Berlusconi, dice in pratica l'esponente di Forza Italia, non ha senso. L'occasione per fare il punto sul disegno di legge è la presentazione del libro di Franco Debenedetti «Quaranticinque per cento. Una critica liberale al progetto Gentiloni sulla tv», cui hanno preso parte, oltre all'autore e al vicepresidente di Forza Italia, l'ex ministro della Funzione pubblica Franco Bassanini e Antonio Maccanico, che firmò la legge che poneva il limite alle risorse del sistema televisivo del 30%.

La critica di Tremonti è a tutto tondo anche se punta principalmente sul tetto al fatturato pubblicitario del 45% fissato dal provvedimento: «pensate veramente -dice- che per legge si determina il mercato? L'idea di mercato è molto più articolata e complessa, contiene leggi ma non si fa per legge. Il ddl Gentiloni -prosegue- al netto di attaccare un uomo politico, non si capisce cos'è». E «l'impatto negativo della Gentiloni non è solo su Mediaset ma anche sulla Rai perchè la priva di un canale quindi di uno strumento operativo». Mentre la funzione del servizio pubblico, in un'epoca di globalizzazione in cui «l'Italia e l'Europa per competere dovrebbero investire sul capitale umano -afferma Tremonti- dovrebbe essere incentrata sui meccanismi di formazione.

Quindi non ha senso limitare fortemente la Rai per un paese che vuole competere: occorre conservarla e calcare di più sulla sua funzione pubblica».

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