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Tremonti: «Sull’Iva tv

RomaTre lettere in dodici mesi. E la terza si chiudeva con un ultimatum, scadenza oggi, 3 dicembre: entro questa data l’Italia avrebbe dovuto uniformare le aliquote Iva a tutte le tv a pagamento, satellitare e digitale terrestre, indipendentemente dalla piattaforma utilizzata. L’ordine arrivava da Bruxelles, l’ultimo il 3 ottobre. Si rilevava l’anomalia delle imposte differenziate per i servizi della satellitare Sky (10%) e di alcuni della digitale Mediaset Premium (20%). Una disposizione senza sconti, pena il possibile avvio di una procedura d’infrazione comunitaria.
La decisione di alzare al 20% dell’Iva per gli abbonamenti Sky all’interno del decreto anti-crisi non è stata un’idea improvvisa del ministro dell’Economia Giulio Tremonti, ma la necessaria applicazione di un’ingiunzione europea: allineare le aliquote Iva a tutti i canali a pagamento così come avviene in Europa. Portare l’Iva per Sky al 20% oppure tagliarle al 10 per tutti. Un provvedimento indifferibile, ha svelato ieri Tremonti, «per evitare l’apertura di una procedura d’infrazione Ue, il cui termine scadeva in questi giorni».
Timori per il sistema Italia Un obbligo di cui era a conoscenza anche il governo Prodi, che ricevette la prima lettera da Bruxelles un anno fa e che, allora, s’impegnò a rimodulare la tassa per i canali a pagamento «al più presto»: la risposta di Tremonti alle accuse degli avversari su «conflitto d’interesse», tassa iniqua per le famiglie e per i tifosi, manovra «anti-Sky», non è una contropolemica politica, ma sono documenti, lettere, l’ordine di Bruxelles, il tempo ultimo da rispettare.
Perché l’Italia ha aliquote diverse per i canali televisivi a pagamento?, chiedeva la Commissione Europea già nel 2007, intervenendo su un reclamo presentato da Mediaset. E la prima frase della lettera firmata dal direttore generale per il Fisco, Robert Verrue, inviata all’Italia il 18 ottobre 2007, diceva così: «Signor ambasciatore, vorrei attirare la sua attenzione sul fatto che il trattamento Iva dei servizi di trasmissione televisiva in Italia solleva preoccupazioni dal punto di vista del diritto comunitario» (l’ambasciatore allora rappresentante presso la Ue, ndr).
L’impegno di Prodi Il 29 gennaio il governo Prodi rispondeva a Bruxelles: il governo «al più presto allineerà» «l’ordinamento nazionale a quello comunitario», «applicando la medesima aliquota» e di questo adeguamento verrà «data tempestiva comunicazione alla commissione».
La carta europea, colpo di teatro nel fuoco delle polemiche di questi giorni, l’ha giocata il ministro Tremonti proprio da Bruxelles: «L’Unione Europea aveva rilevato le asimmetrie» del sistema italiano «che il governo Prodi si era impegnato ad eliminare»: servizio unico, aliquota unica. Concetto dell’Europa, non di Tremonti. Un pensiero ineccepibile, come la scadenza dei chiarimenti, che l’Europa fissava proprio al mese di dicembre: nell’ultima lettera del 3 ottobre 2008, Robert Verrue chiedeva al nuovo rappresentante italiano di «fornire entro due mesi dal ricevimento della presente, copia dei provvedimenti normativi previsti e l’eventuale calendario per l’entrata in vigore degli stessi». Due mesi scaduti oggi, e che già erano stati una proroga. Il nuovo governo Berlusconi infatti il 21 maggio aveva chiesto un mese di tempo.
L'obiezione potrebbe essere: allora si porti l’Iva al 10% per tutti, uniformando Mediaset digitale terrestre allo «sconto» di Sky. «Non c’erano alternative», il chiarimento di Tremonti: «Senza le indicazioni di Bruxelles non lo avrei fatto». È stata scelta la strada del 20% anche per Sky, «e sono convinto di aver fatto la cosa giusta», ha rivendicato il titolare dell’Economia, perché «queste risorse copriranno interventi sociali». Nonostante queste spiegazioni, con una nota in serata Sky ha ribadito: «Continua ad essere inspiegabile la scelta del governo di raddoppiare le tasse a oltre 4,7 milioni di famiglie italiane su questo specifico prodotto».
Questione «urgentissima» «La colpa deve essere sempre di Prodi», ha borbottato l’ex ministro delle Attività produttive Pierluigi Bersani. Non può essere sempre colpa di Prodi, ma quel governo conosceva la questione molto bene.
C’è infatti un'altra lettera nel dossier tv-Iva, inviata il 25 gennaio del 2008 dal ministero dell’Economia alla presidenza del consiglio dei ministri come avviso «urgentissimo».

E in questa lettera impellente del dicastero allora guidato da Tommaso Padoa-Schioppa, si consigliava palazzo Chigi di «allineare l’ordinamento nazionale a quello comunitario, applicando la medesima aliquota a tutti i servizi».

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