Politica

Tronchetti Provera in aula svela i «segreti di Stato»

MilanoDietro le porte chiuse dell’udienza preliminare per il caso Telecom, si apre uno spiraglio su una vicenda in teoria coperta dal segreto di Stato: i rapporti tra la compagnia telefonica e il mondo dei servizi segreti. E a sollevarlo è l’uomo che fino all’esplosione dello scandalo dei dossier illegali sedeva al vertice di Telecom: Marco Tronchetti Provera. Lambito dall’inchiesta, Tronchetti Provera è riuscito a mantenere lo status di semplice testimone. Ma ora, di fronte alle accuse dell’investigatore Emanuele Cipriani - secondo cui era perfettamente a conoscenza delle attività «coperte» dell'ufficio security diretto da Giuliano Tavaroli - Tronchetti è stato convocato per quattro volte a rispondere alle domande degli avvocati difensori: che quasi mai gli hanno riservato il «garbo istituzionale» che la Procura aveva dimostrato nei suoi confronti durante le indagini preliminari.
E così, interrogatorio dopo interrogatorio, oggi Tronchetti Provera è arrivato a dover affrontare il tema che porta dritto dritto ai rapporti coperti dal segreto di Stato. Perché è certo che Tavaroli abbia lavorato - in quegli anni - non solo per Telecom ma anche per i nostri servizi segreti, ai cui vertici d’altronde stava Marco Mancini, suo amico fraterno e testimone di nozze. Ma cosa abbia fatto davvero Tavaroli per il Sismi, e con quali contropartite, probabilmente non si saprà mai. Però oggi è Tronchetti Provera a parlare dell’uomo che all’interno del governo rappresenta la massima autorità in materia di intelligence: Gianni Letta, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai servizi segreti.
Tronchetti parla per tre volte di Letta, in aula. La prima è quando racconta di avere parlato con il sottosegretario dei dossier che la Kroll - potente agenzia investigativa americana - aveva raccolto contro Telecom e contro di lui (Tronchetti) medesimo. La seconda è quando riferisce di avere chiesto lumi a Letta su come comportarsi quando, nel maggio del 2005, Tavaroli fu raggiunto dal primo avviso di garanzia. La terza, ed è la più singolare, risale al luglio 2005. Tavaroli è stato costretto a dimettersi da Telecom ma «poiché non c’erano evidenza di reati e si tratta di una persona con cinque figli, era stato assunto da Pirelli Romania». Ma mentre Tavaroli è a Bucarest scoppiano le bombe sul metrò e sui bus di Londra. Tronchetti scopre di non avere vicino un manager in grado di tutelare l’azienda sul fronte dell’analisi e della prevenzione antiterrorismo. E va a chiedere consiglio a Gianni Letta.
Non è chiaro, nella versione di Tronchetti, chi dei due avanzi per primo l’idea di richiamare in servizio «Tavola» (come lo chiamavano ai tempi dell’Arma). In ogni caso, va a finire che «Letta mi disse che Tavaroli era una persona importante, perché era stato nei Ros dei carabinieri, cosa che io non sapevo. Mi disse anche che visto il momento di tensioni era possibile che Tavaroli non avesse colpe e la sua situazione (cioè l’inchiesta a suo carico, ndr) fosse conseguenza di tensioni tra i servizi segreti».
Possibile? Possibile che Tronchetti non conoscesse da dove arrivava l’uomo che si occupava della security fin dai tempi di Pirelli? Possibile che dovesse andare a chiedere al governo lumi su una indagine che aveva già visto i carabinieri perquisire gli uffici di Telecom? La sensazione è che davanti alle domande dei difensori Tronchetti si sia reso conto di trovarsi su un terreno scivoloso, e che abbia cercato di cavarsi d’impaccio in qualche modo, ma in questo modo abbia finito con entrare in rotta di incrocio con la autorità politica. Sicuramente è inconsueto che temi così rilevanti non siano stati toccati nel corso delle indagini della Procura, ed emergano solo ora per iniziativa delle difese. E la Procura anche ieri cerca di risparmiare imbarazzi al presidente di Pirelli, cercando di opporsi a due domande sulle incursioni nei computer del Corriere della sera.

Ma il giudice Mariolina Panasiti respinge l’opposizione, ritenendo che anche di quella oscura vicenda si debba parlare per capire chi ordinasse davvero le imprese del Tiger Team, la squadra di hacker Telecom guidata da Fabio Ghioni.

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