Troppi detenuti, Londra li manda in mare
22 Ottobre 2006 - 00:00Da quando cè Blair al governo il numero dei detenuti è cresciuto del 33%
Ezio Savino
È dai tempi di Robin Hood (XII secolo, si combatteva la Crociata e Re Riccardo latitava in Terra Santa) che lInghilterra si interroga su criminali e prigioni. Il corrotto sceriffo di Nottingham aveva il suo chiodo fisso: mettere al fresco larciere in verde. Ma le segrete del suo castello restavano vuote, perché la foresta di Sherwood, anche se per i ribelli era un simbolo di libertà, funzionava essa stessa egregiamente da galera senza sbarre. Oggi le autorità inglesi hanno unopposta gatta da pelare. La popolazione carceraria scoppia. Da quando al governo cè Tony Blair, gli inquilini delle celle britanniche sono passati da 60.000 a quasi 80.000, con un balzo del 33%. Se la tendenza si conferma, si stimano in 90.000 i reclusi nel 2010. Troppi, per un sistema carcerario già al collasso. Ed ecco - notizia di ieri - il ministero dellInterno bandire una gara dappalto per privati che mettano a disposizione 800 posti in celle ricavate da cabine di navi. Per la verità, una trovata non inedita: per qualche anno, dal 97 al 2005, un esperimento era stato tentato con un penitenziario galleggiante, la HMP Weare, allancora a Portland, nel Dorset. Le autorità la giudicarono una soluzione inadatta: costi desercizio eccessivi e sicurezza che faceva acqua. Inoltre, lidea di riesumare le galere marittime suonava ideologicamente sospetta, perché il varo della HMP Weare era stato supervisionato nel 1997 da Ann Widdecomb, allepoca ministro conservatore per la Giustizia detentiva. Oggi la Widdecomb stigmatizza il governo, incapace di escogitare riforme più dignitose e risolutive: la sinistra laburista corre ai ripari rispolverando metodi troppo frettolosamente bocciati. Il ministero ribatte che la nave dei galeotti è solo una delle opzioni. Da valvola di sfogo potrebbero intervenire le celle delle stazioni di polizia: una soluzione però dispendiosa e a rischio di sovraccaricare con compiti estranei degli agenti già impegnati nella prevenzione e nella sicurezza. Si potrebbero ammodernare penitenziari obsoleti. Oppure riciclare aree militari. O, infine, recintare spazi adibiti a campi di vacanza estivi. Tutti palliativi, reclama lopposizione, roba più da prestigiatori che da statisti.
Nella storia inglese, non è la prima volta che il mare sembra offrire vie di fuga a un sistema repressivo in affanno. Nel 1600, la corona offriva ai condannati la possibilità di riscattarsi arruolandosi in Marina. Le condizioni di vita sulle navi dellepoca non dovevano dunque essere molto diverse da quelle delle galere. Verso la fine del 1700 la pressione sul sistema carcerario si fece drammatica: 50.000 detenuti varcarono loceano, coloni coatti in unAmerica che, però, di lì a poco, sarebbe insorta contro la madrepatria rivendicando lIndipendenza. Chiusa la rotta atlantica, lInghilterra virò agli antipodi: la prima nave con 800 prigionieri approdò in Australia nel 1786, seguita da flotte-penitenziario che fino al 1791 scaricarono sulle coste remote il nucleo di un futuro continente.
A margine dei provvedimenti governativi per alleviare il sovraffollamento delle celle, ferve nel Regno Unito la discussione sui motivi di questimpennata punitiva. Perché la popolazione carceraria, dal 1993, è quasi raddoppiata? Ondata criminale, o recrudescenza dei tribunali? Gli analisti individuano svolte epocali: linfanticidio Bulger nel 1993, il terrorismo detonato il 7 luglio 2005, avrebbero incoraggiato sentenze più repressive. Si dilatano i tempi di detenzione. Libertà vigilata e arresti domiciliari vengono revocati con maggior energia. Per peccatucci che tempo fa avrebbero meritato unarcigna reprimenda del giudice, oggi la gente vede il cielo a scacchi.
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