Erica Orsini
da Londra
Pollice verso per il leader britannico Tony Blair. Il suo indice di popolarità non è mai stato così basso come in questo momento e i media gli chiedono di farsi da parte. Neppure tre anni fa, alla vigilia dell'entrata in guerra contro l'Irak a fianco degli Stati Uniti, la fiducia nel primo ministro inglese si era rivelata così gravemente compromessa. La stampa per prima si è fatta portavoce di un sentire che sembra essere sempre più diffuso nel Paese.
Ha iniziato una settimana fa The Economist. Il giornale ha dedicato a Blair la sua copertina ritraendolo su uno sfondo drammaticamente oscurato, lo sguardo già rivolto altrove mentre saluta tutti con la mano alzata prima di andarsene. Un congedo dal potere auspicato dall'Economist dato che, secondo il settimanale, il primo ministro sarebbe arrivato ormai ai suoi ultimi giorni di governo. Insomma, non è detto che sia finita l'era laburista, ma questo esecutivo è ormai alla frutta e non ha alcun senso che il premier rimanga al suo posto dato che ormai non è più in grado di portare a termine quanto promesso nel suo programma elettorale. Il giornale ha ricordato nel suo editoriale che Blair, pur godendo ancora di una buona fama internazionale, ha fallito in troppi ambiti. Parlare solamente della frattura suscitata dal conflitto iracheno sarebbe riduttivo. Molti altri nodi sono venuti al pettine durante i suoi mandati, dai mancati accordi in seno all'Unione Europea al fallimento di alcune riforme nazionali sostanziali come quella del sistema sanitario e l'ultima sull'educazione.
Il giorno dopo l'uscita in edicola del settimanale, anche il quotidiano The Indipendent aveva seguito lesempio chiedendo a Blair di lasciare il posto a qualcun altro più adatto a questo momento politico. Ma la sorpresa più grande e di certo la più dolorosa per il leader laburista è stata quella riservatagli ieri da un quotidiano che normalmente lo appoggia. «Nove anni sono abbastanza» titolava infatti ieri il quotidiano progressista The Guardian spiegando nel suo solito stile senza fronzoli perché per Tony sarebbe giunto il momento di andarsene. «Blair rischia di diventare un leader senza più un obiettivo se non quello di rimanere al potere - scriveva l'editorialista politico del giornale -. Più attende e più i problemi aumenteranno. Il suo partito, il Paese e la sua reputazione non potranno far altro che soffrirne».
Chi pensa che i media si dimostrino particolarmente velenosi nei confronti del premier devono fare un passo indietro e ricordare tutti gli scandali grandi e piccoli in cui è stato coinvolto ultimamente il governo. Il Guardian non manca di citarli tutti. Compresa l'ultima pesantissima polemica relativa a ingenti prestiti segreti che il partito avrebbe ricevuto da potenti uomini d'affari offrendo forse come contropartita speciali onorificenze. Anche se Blair non è il protagonista principale di tutte queste vicende, è evidente che l'opinione pubblica associa il suo nome a quanto accade nel Labour. «Ancora un po' e a Blair non rimarrà neppure la libertà di decidere quando andarsene - commentava ancora il Guardian - e il fatto che per adesso possa ancora sopravvivere come primo ministro perché la maggior parte dei suoi non reclama la sua partenza, non significa che debba restare». Opinione che sembra coincidere perfettamente anche con i risultati dell'ultimo sondaggio effettuato dalla Bbc.
Secondo metà degli intervistati, Blair dovrebbe andarsene prima della fine del mandato.
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