Lappunto è saltato fuori durante una delle perquisizioni a casa e negli uffici di Massimo Ponzoni, il consigliere regionale del Pdl arrestato martedì mattina su ordine della magistratura di Monza. É lappunto che racconta come sono nate le nomine dei vertici della provincia di Monza e Brianza, guidata da Dario Allevi, le stesse nomine che - secondo le indagini della Guardia di finanza - Ponzoni influenzava in modo decisivo, favorendo per le cariche i personaggi a lui vicini: come per esempio Antonino Brambilla, ciellino, vicepresidente della Provincia, e Rosario Perri, entrambi arrestati insieme a lui (Brambilla è finito in cella, Perri ai domiciliari).
Lappunto sequestrato a Ponzoni fa capire abbastanza chiaramente come si è arrivati alle designazioni. Accanto a ogni nome è indicato lo sponsor del candidato, ovvero il referente politico che ha spinto a suo favore. Tra i nomi compaiono quelli dei maggiorenti del Pdl lombardo. E nel caso di Brambilla lappunto sembra smentire la ricostruzione della Procura, perché il nome che compare come nume tutelare non è quello di Ponzoni.
Anche di questo si parlerà domani, quando Ponzoni affronterà il suo primo interrogatorio da detenuto: daltronde il tema delle designazioni politiche fa parte a pieno titolo delloggetto dellinchiesta, perché la Procura di Monza considera lo scambio politico (poltrone e carriera in cambio di appalti e delibere) come uno degli elementi costitutivi del reato di corruzione contestato a Ponzoni. La linea difensiva di Ponzoni è che si tratta di dinamiche interne alla politica, di scelte discrezionali che non possono costituire oggetto di indagine penale.
Più complessa la posizione processuale si presenta nei casi dove lo scambio tra atti amministrativi e favori è stato più spicciolo: appalti e varianti di destinazione concessi in cambio di denaro contante o di utilità materiali (come per le due Audi ottenute in prestito gratuito da un concessionario interessato a una delibera urbanistica). E pesante si presenta anche la posizione per laccusa di bancarotta fraudolenta, perché il prelievo di contanti dalle società poi fallite per spese personali di Ponzoni, finalizzate alle campagne elettorali o al mantenimento di un tenore di vita decisamente confortevole, è difficilmente smentibile.
Sullo sfondo, cè poi il tema dei rapporti con la malavita organizzata. La Procura di Monza non ha ritenuto che gli elementi fossero sufficienti a configurare a carico del consigliere regionale unaccusa diretta (si poteva andare, se si fossero seguite le linee di altre Procure, dal voto di scambio fino al concorso esterno con le associazioni mafiose) ma ha ricostruito i contatti di Ponzoni con personaggi legati alla ndrangheta unicamente per sostenere la necessità del suo arresto.
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