Il tunnel è finito, i minatori vedono la salvezza

MadridSono arrivati i soccorsi. Nonostante sembrasse impossibile, dopo 33 interminabili giorni di scavi una delle trivelle ha raggiunto i 33 minatori sepolti vivi sotto 622 metri di terra del deserto dell’Atacama, nel nord del Cile e li ha ricollegati, per la prima volta, con la vita. Per gli uomini sepolti vivi, la luce alla fine del tunnel ha avuto l’aspetto implacabile dei denti della perforatrice T-130, che nel primo pomeriggio di ieri (ora italiana) ha sfondato il cemento di una delle gallerie della miniera, a circa 300 metri dall’officina sotterranea dove si erano rifugiati. L’arrivo della macchina da 40 tonnellate ha riportato la gioia tra i minatori, che raccoglievano i sassi caduti «come fossimo bambini con dei dolci», raccontavano dalle viscere via radio i 33 minatori.
In superficie la rottura del tetto ha scatenato un boato di gioia. Le campane e i clacson di tutti i mezzi hanno preso a suonare a festa, mentre i familiari dei 33 uomini si abbracciavano, piangevano e gridavano di gioia. Neanche i tecnici cileni e statunitensi che per giorni interi hanno lavorato senza dormire riuscivano a nascondere la gioia di fronte alle telecamere della Tv de Chile: «È stato il lavoro più importante mai fatto in vita mia» commentava commosso uno di loro. «È la seconda più bella notizia che ho ricevuto dopo quella che erano vivi», ha invece detto la moglie di uno dei 33 minatori alla Tv, «adesso manca la terza e ultima, vederli fuori».
Dopo il brindisi sulla piattaforma, i tecnici non hanno perso tempo e hanno iniziato la rimozione degli oltre 600 metri di tubi della trivella. Appena il cunicolo di 66 centimetri di diametro sarà sgombero (ci vorrà qualche ora) toccherà alle telecamere ispezionarlo per decidere se tutto o una parte dovrà essere «incamiciato» con tubi di ferro per consolidarlo. L’ipotesi più probabile è che non sia necessario un rivestimento totale, che porterebbe via anche una settimana, ma solo uno parziale (da 50 a 100 metri), per assicurare i punti più deboli. Se tutto procede correttamente quindi martedì la capsula «Fenice», costruita su misura dalla marina militare cilena, discenderà nell’inferno di terra per iniziare la prima evacuazione.
Non si sa ancora in che ordine usciranno i minatori, l’unica cosa chiara è che l'ultimo ad abbandonare la trappola sotterranea sarà il capoturno Luis Urzúa, l’uomo che ha mantenuto la disciplina e il morale del gruppo di «seppelliti» prima e dopo i 17 eterni giorni che i minatori trascorsero sotto terra senza potersi mettere in contatto con l’esterno. La loro storia ha infatti dell’incredibile. Dopo il crollo dello scorso 5 agosto, le possibilità che i 33 fossero vivi erano bassissime, come comunicò il ministro della Mineria Laurence Goldborne. Poi, il 22 agosto successe il primo miracolo: i 33 erano vivi. Da allora gli sforzi per salvarli si sono susseguiti senza sosta con tre perforazioni parallele.
L’operazione di salvataggio senza precedenti al mondo ha trasformato anche il campo base della mina di San José di Copiapó, quasi si trattasse della versione positiva del film «Asso nella manica» di Billy Wilder. Nel vecchio lungometraggio uno spregiudicato Kirk Douglas, giornalista, ritardava il salvataggio di un uomo intrappolato in una miniera per creare una notizia attraente che finisce per far convergere nella remota località centinaia di curiosi. A Copiapò sono infatti giunti decine di giornalisti da 180 paesi e persone da tutto il Cile per vivere e raccontare un salvataggio che ha dell’incredibile.

Ma questa volta fortunatamente la naturale «spettacolarizzazione» dell’evento non ha niente a che fare con chi dirige i soccorsi, né con i 33 minatori che hanno dimostrato un’integrità che ha dell’incredibile. Ora manca solo l’ultima, attesissima, fase, quella che dovrebbe riportare in superficie uno ad uno i 33 «eroi dell'Atacama» per i 622 metri di cunicolo aperto ieri, concedendo loro un finale felice.

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