Antonio Signorini
da Roma
Rinnovo del contratto a rischio per le tute blu. Le trattative tra i sindacati e Federmeccanica si sono interrotte per iniziativa della Fim Cisl. La federazione di Gianni Caprioli ha tenuto fede all’annuncio di giovedì e ha abbandonato l’incontro di ieri accusando gli industriali di non aver fatto nessuna concessione sugli aumenti salariali.
Poco dopo anche la Fiom-Cgil e la Uilm-Uil hanno sospeso le trattative annunciando per lunedì una segreteria unitaria che dovrà decidere nuovi scioperi. E questa prospettiva preoccupa Federmeccanica: «Il rischio di non fare il contratto comincia ad essere alto», ha avvertito il direttore generale Roberto Santarelli ricordando che in Inghilterra l’era dei contratti nazionali finì proprio per l’intransigenza dei sindacati: «Da allora si firmarono solo accordi aziendali».
L’altro possibile esito, spiegano fonti sindacali, è un rinvio dei due tavoli (uno per il salario e l’altro sulla flessibilità) al prossimo anno e il passaggio della trattativa dalle federazioni di categoria ai segretari generali Guglielmo Epifani, Savino Pezzotta e Luigi Angeletti. L’anomalia di questo ultimo stop è che a promuoverlo sono stati i metalmeccanici della Cisl, superando le perplessità della Fiom (il cui segretario Gianni Rinaldini ieri ha comunque giudicato «positiva» la rottura) e la contrarietà della Uilm (ieri il segretario Antonino Regazzi ha parlato di un «errore tattico»). «La Fim rompe con Federmeccanica ma non rompe i rapporti unitari», ha precisato Caprioli, smentendo la tesi di chi vorrebbe il sindacato cattolico in rotta con gli altri due a causa dell’indisponibilità della Cgil a parlare di flessibilità. La rottura sarebbe quindi dovuta solo al fatto che Federmeccanica continua a proporre aumenti di 60 euro, mentre i sindacati chiedono 130 euro complessivi.
L’altro fronte caldo delle relazioni industriali è quello della Fiat. Il dibattito sulla mobilità lunga è continuato con una polemica a distanza tra il Lingotto e il ministero del Welfare. Da Torino, Paolo Rebaudengo ha definito «inadeguato» lo strumento della mobilità lunga «per dieci anni», attribuendo la proposta a Roberto Maroni. «Sono stati loro a chiedere la mobilità lunga.
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