Pochi sanno che fino a tutto il Trecento non esisteva la figura del musicista di professione. Era tenuto in gran conto il teorico ma pochissimo il «musico pratico» già bollato da Aristotele come «volgare manovale». Insomma, chi fino al XIV secolo scriveva messe o suonava danze, lo faceva per hobby, essendo altra la sua professione, oppure - sorta di menestrello - occupava i gradini più bassi della società. Solo dal Quattrocento, con lUmanesimo e il nuovo fenomeno del mecenatismo, nasce il musicista di professione: «assunto» da una corte o dal papa per comporre o cantare o suonare o dirigere un coro. E sono gli straordinari musicisti fiamminghi - Josquin Des Prez il maggiore di tutti - che, provenienti dai Paesi Bassi o dal Ducato di Borgogna, «colonizzano» musicalmente lEuropa.
Proprio di «mecenati» e «cortigiani», dallUmanesimo al Rococò, trattano due nuovi saggi, peraltro assai differenti, pubblicati entrambi dal Mulino: Elogio della cortesia di Giovanna Axia (pagg. 134, euro 9,50) e il Mozart «postumo» del sociologo tedesco Norbert Elias (pagg. 162, euro 12). Linteresse del Principe per la musica e per chi la fa a livello professionistico rispecchia la nuova ideologia dellUmanesimo e del Rinascimento sulluomo, il quale partecipa, secondo il pensiero greco, allarmonia del cosmo, e sul perfetto uomo di corte. Figura di cui riferisce il poeta e cortigiano Baldesar Castiglione ne Il libro del Cortegiano che la Axel cita con legittima dovizia: lavoro in forma di dialoghi tra gentiluomini e nobili dame alla corte di Urbino pubblicato nel 1528 ma specchio di un retroterra ideologico ormai secolare.
Al pari del Principe e dei suoi familiari, il perfetto cortigiano, dice Castiglione, deve essere «musico teorico» ma anche «pratico», capace di cantare e di suonare diversi strumenti per «satisfar alle dame» (influsso del pensiero trovadorico) e ricavare una dolcezza che «intenerisce e penetra le anime» (i poteri della musica secondo i Greci). Su questo ideale sono sintonizzate, nel 400-500, sia le principali corti italiane (gli Sforza, i Medici, gli Estensi, la corte di Napoli), sia corti periferiche come il Ducato di Savoia.
Studi finalmente scientifici, peraltro assai recenti, non solo hanno cancellato limmagine romantica del mecenatismo quale aiuto disinteressato al genio musicale ma ci danno anche come sui generis il rapporto datore di lavoro-prestatore dopera. Così lartista ha, di solito, un rapporto di soggezione con il suo principe e, anche se adulto, da padre a figlio (potrà sposarsi solo se autorizzato dal mecenate-padrone). È chiamato con la sua opera ad esaltare lo status sociale del Principe. Gli competono oltre alle sue, cento altre funzioni, grandi e piccole, musicali e no. Reclutare musicisti. Provvedere alla conservazione degli strumenti, procacciarne di nuovi, procurare le corde o la carta da musica e sovrintendere alla rilegatura dei libri. Ancora. Insegnare ai fanciulli o ai familiari del Principe. Essere alloccorrenza «prestato» a parenti. Venire trasformato in emissario o agente politico (il fiammingo Ockheghem che Carlo VII usa per delicate spedizioni diplomatiche). E poi, in tempi nei quali la vita dun comune mortale non valeva un soldo, per un cantore o compositore era fondamentale trovare «un albero su cui fare il nido» come si legge nelle dediche dei lavori musicali.
Una posizione stabile a Vienna cercò sempre e non trovò mai Amadé Mozart.
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