Tutte le donne del Presidente: caccia alle «orfane» di Hillary

Dopo il ritiro dell’ex first lady, le elettrici sono uno dei gruppi decisivi per novembre

C’è un vuoto da riempire nel cuore di milioni di elettrici americane. Per lo più sono democratiche, ma alcune di loro sono repubblicane e molte non allineate. Hanno più di quarant'anni, sono in maggioranza bianche e a venti giorni dal ritiro di Hillary appaiono inconsolabili. La Clinton, per loro, era più di un candidato; era il simbolo della definitiva emancipazione femminile. Una donna presidente degli Stati Uniti. Il sogno resterà tale, almeno per quattro anni, ma l’esercito delle deluse potrebbe essere decisivo il 4 novembre. Barack Obama e John McCain ne sono coscienti e da qualche giorno elaborano strategie mirate proprio su di loro.
A compiere la prima mossa sarà il candidato democratico, che ripartirà proprio da Hillary, venerdì a Unity, paesino del New Messico dove alle primarie di gennaio i due candidati democratici ebbero 107 voti ciascuno. I due ex rivali terranno per la prima volta un comizio fianco a fianco; ma, al di là dei convenevoli, i rapporti restano freddi, come si deduce dalle e mail che l’ex first lady continua a mandare ai suoi sostenitori. Sì, appoggerà il senatore afroamericano, ma per disciplina di partito, e senza ulteriori sviluppi. Hillary non lo ammette apertamente, ma l’ipotesi di una sua candidatura alla vicepresidenza appare sempre più remota.
A sorpresa potrebbe essere John McCain a presentarsi con una donna nel ruolo di numero due. Nelle ultime 48 ore si è appuntato quattro nomi sull’agenda. Il primo è quello del segretario di Stato Condoleezza Rice, che è nera, è esperta e avrebbe tutti i numeri per infastidire Obama; ma da settimane ripete di non essere interessata. E allora ecco emergere Sarah Palin, che di anni ne ha appena 44 ed è governatore dell’Alaska. Al liceo era soprannominata «Sarah Barracuda», per la sua notevole grinta. Intelligente e bella, talmente avvenente da partecipare in gioventù al concorso di Miss Alaska. A trent’anni era già sindaco della propria città, Wasilla. Nel frattempo, ha messo al mondo cinque figli, di cui uno in circostanze drammatiche: pur sapendo che sarebbe nato down si è rifiutata di abortire, coerentemente con le proprie convinzioni sul diritto alla vita. Con lei il vecchio John riuscirebbe a rinfrescare la propria immagine, ma darebbe troppe responsabilità a un politico chiaramente impreparato per un ruolo del genere.
La terza opzione è quella di Carly Fiorina, il manager di origini italiane, capace di guidare per sei anni un colosso come Hewlett-Packard, ma anche famosa per aver licenziato migliaia di dipendenti e per aver ricevuto una buonuscita da 21 milioni di dollari. Da qui non pochi dubbi. In un’America in crisi McCain può permettersi di presentarsi in tandem con una tagliatrice di teste?
L’ultima opzione è quella di Kay Bailey Hutchison, senatrice del Texas, esperta, affidabile, gradita alla base conservatrice del partito e molto popolare tra gli ispanici; ma troppo prevedibile e monotona; sarebbe una vice incapace di far sognare e dunque al momento è poco quotata.
E mentre si aspetta la decisione di McCain, Obama tenta di confutare i sospetti di maschilismo riempiendo di donne la sua squadra. Barack ha reclutato Patti Solis Doyle, un’ex fedelissima di Hillary, Jen O’Malley Dillon e Christina Rynolds ex collaboratrici di John Edwards. Si è cautelato a sinistra conquistando il sostegno di Kate Michelman, ex presidente di Naral pro-choice, un’influente lobby abortista.

Ha ingaggiato una giornalista televisiva assai nota, Linda Douglass, e Stephanie Cutter, che quattro anni fa diresse la comunicazione dell’allora candidato John Kerry. Da loro pretende abnegazione e buoni consigli per dare un tocco rosa alla sua campagna.
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