Tutti i tormenti di Tennessee Williams

Nelle lettere con l'editore amico James Laughlin frustrazioni, depressione e consigli letterari

Tutti i tormenti di Tennessee Williams

da Londra

«Verso il mondo non ho che diffidenza e rancore. Non sono freddo e non sono crudele. Ma dopo una mattinata passata a lavorare, non ho nulla da offrire alla gente se non indifferenza», scriveva Tennessee Williams nel 1960 in uno splendido racconto autobiografico pubblicato vent'anni più tardi su una rivista americana e affettuosamente recuperato da Gore Vidal in un'antologia tre anni dopo la morte dello scrittore nel 1983. Per Williams, che confessava di sentirsi «esiliato da chi dovrei amare e da chi dovrebbe amarmi», soltanto il lavoro aveva importanza.

Tormentato e complesso, sempre in conflitto e infinitamente versatile, lo scrittore ebbe la fortuna di incontrare intorno al 1942 un grande amico nel suo editore James Laughlin, fondatore della casa editrice d'avanguardia New Directions Press che già pubblicava Henry Miller, William Carlos Williams, Ezra Pound. Attratti dalla reciproca passione per la poesia, sbocciò immediata un'amicizia intensa che non vacillò mai e per quattro decenni fu di fondamentale sostegno per lo scrittore. Quasi coetanei, Williams appena più vecchio, entrambi viaggiatori, spesso in Europa, e assorbiti dal loro lavoro, si incontrarono raramente, il loro rapporto si svolse quasi tutto per lettera fin dal primo incontro a New York, traducendosi in un costante impegno reciproco.

Il carteggio inedito di questa straordinaria avventura letteraria è ora pubblicato dall'editore WW Norton in America e in Inghilterra col titolo The Luck of Friendship: The Letters of Tennessee Williams and James Laughlin, a cura di Peggy L. Fox e Thomas Keith (WW Norton, pagg. 390, sterline 28), per aggiungere nuove tessere al frammentario mosaico della vita e dell'opera dello scrittore, che ancora attende una biografia definitiva.

A cura di due assistenti editor di James Laughlin, scomparso nel 1997 a 83 anni, le lettere scritte dal dicembre 1942 all'ottobre 1982 sono la testimonianza di un'amicizia rara, come appunto annuncia il titolo, La fortuna dell'amicizia, senza la quale non c'è mai molto di vero nella vita, che se illumina la figura tormentata e proteiforme dello scrittore non trascura quella colta e sofisticata dell'editore, a sua volta poeta e affascinato dalla letteratura modernista. Di ceppo irlandese, Laughlin era nato a Pittsburg in una ricca famiglia che nell'Ottocento aveva fondato importanti acciaierie. Thomas Lanier Williams, o Tennessee William come amò chiamarsi dal 1938, era nato nel 1911 in Mississippi, nel 1939 aveva già scritto American Blues, quattro commedie in un atto, e si sarebbe affermato nel teatro con Lo zoo di vetro nel 1944 e vincendo il Pulitzer Prize con capolavori quali Un tram che si chiama desiderio e La gatta sul tetto che scotta. Ma era un uomo afflitto dall'ansia e dai dubbi sul suo lavoro, sempre in conflitto, con un «profondo disprezzo per se stesso», come confessa in una lettera.

Laughlin, che avrebbe pubblicato tutte le opere di Williams nessuna esclusa, ammirava il poeta e incoraggiava il prosatore e il drammaturgo facile a depressioni profonde ed esaurimenti e sempre bisognoso di essere rassicurato nel suo lavoro: «Non considerarti una figura letteraria, vivi la tua vita a modo tuo che è quello giusto per te, e scrivi quello che viene».

Se Laughlin aveva un debole per la poesia e la prosa di Williams, fu anche il primo lettore di tutte le sue pièces dopo Lo zoo di vetro, con ammirazione ma anche con incrollabile onestà. Nel 1950 gli scrive che La Rosa Tatuata avrà successo in scena ma la trova debole rispetto alle opere precedenti. Nel 1953 non è convinto da Camino Real, e pur comprendendo le intenzioni dell'autore gli scrive: «Il vero senso della pièce, la profondità filosofica e la tragica bellezza, non possono emergere da tanta confusione». Williams è sempre grato dei commenti dell'amico, che lo confortano nelle crisi di avvilimento. Quando nel 1955 lesse La gatta sul tetto che scotta, Laughlin la trovò «sconvolgente, strana e vera... come Dostoevskij». Ma a conquistarlo perdutamente fu il magico lirismo di Improvvisamente l'estate scorsa.

Nel 1961 La notte dell'iguana fu l'ultimo successo a Broadway, nonostante il declino commerciale Williams continua a scrivere ma dopo la morte del compagno Frank Merlo sprofonda nelle nebbie dell'alcol e della droga. Confessa di essere stanco di scrivere: «Sono stato uno scrittore tutta la vita... non è servito quasi a niente». Ma non smetterà mai fino alla fine dei suoi giorni, sicuro di poter sempre contare sul confidente ideale, la sua «coscienza letteraria», come gli scrisse nel 1978: «In breve, tu sei il più grande amico che ho avuto nella mia vita, e il più fidato». Le sue ultime opere risentono dell'influenza del teatro giapponese che aveva conosciuto con l'amico Yukio Mishima, pure pubblicato da Laughlin.

La pubblicazione dell'intera corrispondenza Williams-Laughlin 170 lettere in questo volume se getta nuova luce sulle tendenze autodistruttive e sulle molte ombre dello scrittore, documenta anche il suo spirito vagabondo, i molti soggiorni in Italia e i numerosi commenti sulle persone che incontra nel panorama letterario del secolo scorso.

Di Truman Capote nel 1949 leggiamo che gode «dell'enorme vitalità sessuale che generano le primavere radioattive di Ischia». Un distillato di idealismo e tenacia nel lavoro, umorismo sagacia paranoia, la scrittura di Williams sempre memorabile.

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