Politica

In tv il crollo del governo Prodi Era il 1998 ma sembra domani

La trasmissione Altrastoria de «La7» dedica una puntata al primo esecutivo del Professore

Luca Telese

da Roma

Ci voleva tutta la divertita malizia di un giornalista come il vicedirettore del Corriere della Sera, Pierluigi Battista, per mandare in onda proprio in questi giorni di terremoti ulivisti una puntata della sua Altrastoria (in onda domani, ore 13.00 La7) intitolata «Ascesa e caduta di Romano Prodi». Ci voleva una punta di malizioso divertimento, ovviamente, perché la cronistoria millimetrica e accuratissima della terribile crisi dell’ottobre 1998, rivista in queste ore produce uno strano effetto di straniamento. Ed è come se Battista (e la regista del programma, Silvia Pizzetti) avessero voluto esaltarlo ancor di più con immagini trattate, effettate, a volte volutamente invecchiate e virate con finti logoramenti di pellicola. Un gioco che fa apparire ancora più vicine - per contrario - le cronache feroci di un decennio fa, la storia di quell’incredibile caduta dell’Ulivo e del suo leader.
Chi sabato capitasse su La7 facendo zapping resterebbe ovviamente stupito. Il comizio anti-governo di Silvio Berlusconi (capelli a parte) sembra quello di pochi giorni fa a Vicenza. E i sorrisi apparentemente saldi di Romano Prodi sembrano gli stessi di oggi. Persino il suo lessico è immutato: «Questa crisi è pazzeeeesca!». Massimo D’Alema è ancor più simile a oggi, soprattutto nell’imitazione memorabile di Sabina Guzzanti. Provare per credere. Prima gag: «So di non essere un genio: sono solo 400mila volte meglio degli altri!». Seconda: «Purtroppo quando si ha per premier una mortadella non si può parlare di politica!». Serena Dandini: «Che le ha fatto Prodi?». D’Alema-Guzzanti: «È un democristiano, sta organizzandosi per rimanere al potere i prossimi dieci anni!» (anche questa potrebbe essere di oggi). Ad aiutare Battista, nel suo viaggio, i commenti di opinionisti come Giampaolo Pansa, Massimo Gramellini, Fabio Martini. Interessante, anche il gioco delle variazioni. «Ultime notizie sulla crisi del governo Prodi!», annuncia una preoccupata anchor woman (è Lilly Gruber). Mentre il «grande cattivo» è un attuale «buono», Fausto Bertinotti, assaltato dai fischi dei militanti ulivisti durante la Perugia-Assisi, e inquadrato in Aula con l’accompagnamento di armoniche da colonna sonora morriconiana. Sempre uguale, invece, è Prodi, che grida alla sua stessa maggioranza nella pre-crisi del 1997: «Per me non c’è nulla contrattare!». Arturo Parisi, intervistato ex post (quando?) da Battista è elegantemente spietato, quando parla di Bertinotti e D’Alema: «Erano persone distinte, con un passato... distante». E di nuovo il gioco dei cortocircuiti. Il Prodi che annuncia l’ingresso nell’euro, uguale al Prodi di Corrado Guzzanti che si dice: «Fe-eermoooo, immoo-òobile, come un semaforo». Solo due mesi dopo, invece, tutt’altro che immobile, il suo governo era nella polvere. C’è Francesco Pionati (oggi senatore dell’Udc) a fare la cronaca del fallimento della Bicamerale che sembra la grande sconfitta di D’Alema e invece fu il preludio della caduta del Professore. «L’estate ’98 è ricordata come un’estate di congiure di Palazzo - racconta Battista -, sembravano le solite polemiche estive, invece era l’ultima estate del governo Prodi».
Entrano in scena, con il Requiem di Mozart Francesco Cossiga, Armando Cossutta, Franco Giordano che spiega: «Il problema per la nostra gente era la Finanziaria» (perché oggi qual è?). Inizia un talk show, Pinocchio: «Ancora una volta la sinistra ripete la sua vocazione a dividersi...», dice Gad Lerner (perché, oggi, invece?). «La linea di Bertinotti - racconta Battista - prevale: “No alla Finanziaria, no al governo”». Poi la celebre immagine di D’Alema e Prodi alla finestra della casa bolognese del Professore. È il 5 ottobre. Sorridono. I Tg aprono sulla frase del leader diessino: «Una staffetta fra me e Romano? Un’ipotesi che non esiste». E meno male: perché solo due giorni dopo Rifondazione ritira la fiducia. Il 9 il governo cade. Parisi è cupo, ancora oggi: «Non era un perdere, ma un... perderci». E poi quel fotogramma, Violante legge: «No: 313. Sì: 312», il boato del centrodestra, Prodi è caduto. Osserva Battista: «Dal ’96 al ’98 l’Ulivo aveva vinto tutte le elezioni, dal ’98 al 2001 le perse tutte. Oggi Prodi è di nuovo premier, ma resta un leader senza partito. Ed è per questo che l’Ulivo deve convivere ancora oggi con il ricordo amaro del passato, l’incubo 1998». Ps.

A Silvio Sircana: non farlo vedere a Prodi senza l’assistenza di un gastroenterologo.

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