«Uccideremo i curdi coi gas vada al diavolo chi protesta»

L’offensiva militare, la cui durata e i cui bersagli sono incerti, dovrebbe concentrarsi sulla zona di Bagdad

Sedia vuota per Saddam Hussein nel processo che lo vedeva imputato per le stragi dei curdi, proprio nel giorno in cui su internet prende a circolare un altro filmato della sua esecuzione: una carrellata sul suo corpo subito dopo l’impiccagione che evidenzia una profonda ferita di forma circolare sotto la mandibola. Gli altri sei aguzzini alla sbarra non hanno voluto occupare il posto dell’ex dittatore alla riapertura del dibattimento. Fra questi, il cugino Alì Hassan al Majid, soprannominato Alì «il chimico», per l’uso dei gas contro i curdi. Rischia, con gli altri imputati accusati di crimini contro l’umanità, la pena di morte.
Il processo Al Anfal prende il nome da una serie di operazioni militari, ordinate da Saddam fra il 1987 ed il 1988, che rasero al suolo 1200 villaggi curdi e fecero sparire 180mila persone. Ieri il presidente del tribunale ha stralciato la posizione di Saddam, ma in aula è stata fatta ascoltare una registrazione audio raggelante in cui il rais e suo cugino decidono la pulizia etnica dei curdi. «Li colpirò con le armi chimiche e li ucciderò tutti. Chi obietterà? La comunità internazionale? Al diavolo la comunità internazionale...», afferma una voce identificata come quella di Alì il chimico. «Sì, a quanto sappiamo è efficace, soprattutto su chi non indossa una maschera antigas», è il commento attribuito a Saddam. «Ne sterminerà migliaia, signore?», chiede una terza voce fuori campo. «Sì - è la risposta del dittatore - ne stermina migliaia e li obbliga a non mangiare o bere, dovranno lasciare le loro case senza portarsi nulla appresso e così potremo finalmente epurarli».
A Saddam non bastava e fa notare che «è meglio impiegare quest’arma (i gas, ndr) in un luogo densamente popolato affinché produca il maggior danno possibile». La pubblica accusa ha mostrato anche immagini orribili degli effetti delle armi chimiche durante l’operazione Al Anfal, che significa «bottino di guerra».
Ieri uno dei più importanti leader politici sciiti, Abdul Aziz al Hakim, ha chiesto che «in nome del popolo iracheno il primo ministro e il governo affrettino l’esecuzione dei criminali condannati». Sulla forca dovevano già salire il fratellastro di Saddam, Barzan al Tikriti, e l’ex giudice del tribunale rivoluzionario, Awad al Bander, condannati a morte assieme al dittatore, per la strage di 148 sciiti nel villaggio di Dujail. Le polemiche seguite all’impiccagione dell’ex raìs hanno fatto slittare due volte l’esecuzione.
Alì il chimico in aula si comporta spavaldamente, pur sapendo che lo attende il patibolo per i suoi crimini. Tremano i suoi coimputati: l’ex ministro della Difesa, Sultan Hashim Ahmed, il capo dei servizi segreti militari, Saber al Duri, il governatore di Mossul, Tahir Tawfiq al Aani, il responsabile delle operazioni militari delle forze armate, Hussein Rashid al Tikriti, e il responsabile dell’intelligence nel nord dell’Irak, Fahran al Giuburi. Per alcuni capi militari, come Sultan, non è escluso che arrivino l’ergastolo o dure pene detentive.


Nonostante l’esecuzione di Saddam, i processi andranno avanti e si sta preparando quello per l’invasione del Kuwait e la susseguente repressione della rivolta sciita nel sud. Per le fosse comuni degli sciiti, venute alla luce nell’Irak meridionale, rischiano la forca i fratellastri di Saddam, Sabbawi e Watban Ibrahim Al Hassan, filmati mentre torturano i prigionieri.

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