La scalata con cui la Libia del Colonnello Gheddafi è diventata il primo azionista di Unicredit scavalcando le fondazioni italiane, rischia di finire in tribunale. Il fascicolo processuale è stato aperto dalla Procura di Roma, pur senza ipotesi di reato nè indagati, e punta a verificare la regolarità dei massicci acquisti azionari sul capitale di Piazza Cordusio partiti dalla Libia la scorsa estate, cui seguì il duro scontro al vertice della banca fino alle dimissioni di Alessandro Profumo.
Complessivamente a Tripoli fa capo il 7,58% di Unicredit, suddiviso tra la Banca centrale di Tripoli e il fondo sovrano Lia con cui Gheddafi reimpiega i proventi del petrolio. Il nodo da accertare è se i due soci dello Stato africano siano effettivamente indipendenti luno dallaltro, come hanno dichiarato alla Consob. LAthority è a sua volta al lavoro sul dossier e in caso contrario scatterebbe, a norma di statuto di Unicredit, il congelamento dei diritti di voto eccedenti il 5 per cento.
Leventuale «blocco» dei voti potrebbe indurre i libici ad allentare la presa sulla banca: considerando Abu Dhabi la quota in mani arabe raggiunge il 13 per cento. Un altro potenziale fattore di instabilità per il presidente Dieter Rampl e lamministratore delegato Federico Ghizzoni, a cui il Nord Africa ha probabilmente portato questa settimana più di un grattacapo. Mediobanca, di cui Unicredit è grande socio, ha infatti deciso di puntare sullarea e sul medio Oriente, creando una banca daffari in Tunisia, Algeria e Dubai. Il progetto è stato illustrato martedì dallad Alberto Nagel ma sulla vicenda cè il giallo dellintervento in cda di Rampl: secondo lAdnkronos il banchiere austriaco avrebbe criticato con fermezza lespansine africana dellistituto, soprattutto dal punto di vista strategico. La ricostruzione è stata poi smentita da Piazzetta Cuccia, che ha replicato come Rampl abbia «votato a favore del progetto» e fatto «richieste ordinarie». La stessa tesi raccolta poi in serata dallAnsa, secondo cui Rampl si è limitato a porre questioni «di natura tecnica» e domande «normali e dovute». Ghizzoni è intanto subentrato a Profumo nel comitato direttivo del patto di sindacato.
Il banchiere prosegue poi il lavoro sul piano industriale di Unicredit: il nostro obiettivo è «tornare a crescere» già nel 2011 ha detto ieri sottolineando che «è il momento di guardare con ottimismo al futuro», agendo in modo «non più difensivo». Unicredit ha anche fatto sapere di voler raddoppiare la presenza nella Repubblica Ceca, aprendo 40 nuove filiali e 90 agenzie in franchising entro il 2012.
Unicredit, aperta uninchiesta sulla scalata libica al capitale
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